ROBERT HOLDSTOCK
UN OCCHIO NEL PAESE DEI CIECHI
(Eye Among The Blind, 1976)
Tu, il cui sembiante tradisce l'immensità della Tua Anima;
Tu, migliore di tutti i Filosofi, che ancora conservi
il Tuo retaggio, Tu, Occhio fra i ciechi,
che sordo e silenzioso hai letto l'eterno abisso,
tormentato per sempre dalla Mente eterna.
(da Annunci di immortalità
di William Wordsworth)
PROLOGO
Venne condotto fra di loro e lasciato per un po' con i suoi pensieri. Colse l'occasione per registrare ciò che gli era accaduto, un resoconto del suo viaggio che un giorno avrebbe potuto essere trovato dai membri della sua razza e usato per arricchire la loro comprensione di quel mondo straniero.
Si trovava in una valle di statue, un terreno di sepoltura, e si mosse con cautela lungo i dolci pendii, e sentì le forme delle creature scolpite nella pietra. I suoi sensi gli dissero che era stato trasportato nel cuore delle montagne, in una valle dove la vegetazione era lussureggiante e gli animali solitari. I suoi occhi ciechi guardarono le montagne, e sentì le forme del vento, la massa incombente delle rupi e delle pareti rocciose a strapiombo.
Tornarono e si raccolsero intorno a lui, e lui avvertì la loro tristezza per la sua mancanza di vista, e quando il freddo cominciò a diventare fastidioso per il suo corpo poco vestito, si rese conto di cosa gli sarebbe successo.
Nel buio della notte ci fu l'agonia dell'attesa per la prima vera luce dell'alba...
PARTE PRIMA
1
Più veloce dell'alba, la navetta proveniente dal vascello Realta avrebbe potuto essere percepita da occhi acuti che la guardassero dalla stazione di atterraggio, solo come un lampo di luce che precedeva appena di qualche secondo il primo bagliore di Sigma-G53, mentre questo sole cominciava a innalzarsi al di sopra dell'orizzonte orientale. Insieme al giorno nuovo, giunse il vento; dapprima una brezza appena avvertibile, che si rafforzò man mano che il sole saliva, fino a diventare un uragano che gettò la terra in un parossismo di attività. Il vento scosse la minuscola stazione di atterraggio, con i suoi occupanti umani e indigeni, finché tanto gli uomini che gli alieni si guardarono a vicenda, alla ricerca di conforto morale e dell'assicurazione che non sarebbero stati da un momento all'altro scaraventati in mezzo alle colline insieme alla base di cemento, alle torri a prova di vento e alle navi ormeggiate, in un vortice di energia distruttiva.
Ancora al riparo dal vento, la navetta della Realta continuò il suo volo, inconsapevole del fatto che al momento non veniva tenuta sotto controllo da terra. Insieme ai suoi tre passeggeri, era stata lasciata cadere dall'orbita al di sopra del mare e si era avvicinata alla costa sud-orientale del più grande dei due continenti, lungo una rotta di volo che Robert Zeitman conosceva bene. Iniziava da sud-est e poi volgeva a ovest sulla massa continentale, ed era la stessa che aveva seguito la prima volta che era arrivato sul Mondo di Ree'hd, un numero quasi dimenticato di anni nel passato. Adesso sedeva sul sedile del secondo pilota e osservava l'oceano familiare, la lontana linea costiera di Duchas, le nubi roteanti che tradivano un vento che loro avvertivano appena, nella navetta ben protetta. Entro pochi minuti, Zeitman lo sapeva, avrebbero superato l'installazione urbana di Terming, e avrebbero proseguito nella notte, dove il comitato di accoglienza si preparava a riceverli. Forse ci sarebbe stato Dan Erlam in persona, con tutta la sua spavalderia e il suo umorismo grossolano, anche se Zeitman ne dubitava. Avrebbero toccato terra prima dell'alba, troppo presto perché il corpulento Padre della Città fosse già in piedi. L'alba, tuttavia, non era troppo presto per la moglie di Zeitman, Kristina, e dal momento che aveva spedito un messaggio dallo spazio, con la richiesta che lo aspettasse al suo arrivo, era fiducioso che l'avrebbe trovata lì.
Mentre la navetta passava dal mare alla terra, Zeitman poté apprezzare la ragione per cui la rotta che stavano seguendo era quella turistica standard. Benché il Mondo di Ree'hd fosse simile, per molti aspetti, a tanti pianeti di tipo terrestre, non c'era nulla di lontanamente terrestre nei giganteschi megaliti di roccia che si alzavano dall'oceano, a sessanta o settanta chilometri dalla costa, da ciascuno dei quali si allungava un ponte di roccia, sottile e apparentemente fragile, che raggiungeva la massa continentale di Duchas. Entro la vasta area di costa frastagliata si raccoglieva un intero mondo di vita animale e di nascosta bellezza; chilometri e chilometri di canali serpeggianti e di terrazze rocciose, che erano stati cartografati in maniera solo sommaria dagli umani che vivevano dall'altra parte delle colline. Il mare e il vento, con il loro inesorabile e incessante lavoro, non erano riusciti (per quanto ne sapeva Zeitman) ad alterare in maniera apprezzabile gli archi e le guglie di roccia per molte migliaia di anni.
Il pilota della navetta, uno spaziale di una certa età, con la fatica di una vita incisa sul viso, pareva compiaciuto del fatto che i suoi tre passeggeri fossero tanto impressionati.
— Ho fatto questa rotta un centinaio di volte — disse, gettando un'occhiata a Zeitman — e ancora provo una sensazione... capisce?
— Capisco — disse Zeitman. Una sensazione di eternità, la sensazione del passato e del futuro, intrecciati e indistinguibili. L'oceano aveva sferzato quelle torri di granito prima che l'uomo fosse stato concepito; la battaglia sarebbe proseguita dopo che molte grandi cose sarebbero state morte. E poiché i megaliti erano parte di un mondo alieno, e avevano visto un passato alieno, essi ispiravano un pensieroso silenzio in coloro che li guardavano.
La navetta sfrecciò sul continente, trasportandoli sopra valloni e canyon che sembravano vivi e in movimento. Il movimento era soltanto il vento che accompagnava la linea che separava la notte dal giorno nel suo viaggio giornaliero intorno al globo, e si stavano già dirigendo verso il buio della notte e la relativa calma prima dell'uragano mattutino.
L'altopiano costiero sparì alla vista dopo pochi minuti, e la pianura orientale di Duchas si aprì davanti a loro, mentre la navetta puntava verso il basso. Il concetto di pianura, per Zeitman, era quello di una distesa piatta e desolata. Perciò "pianura orientale" era solo un modo di dire, dal momento che non c'era nulla di piatto e di desolato nelle colline ondulate e nella confusione di foreste, cespugli e giungla che le coprivano. Qui, dove i Ree'hd si erano evoluti, il grande vento mattutino veniva spezzato e diviso in tanti piccoli uragani, ciascuno dei quali seguiva una diramazione dei fiumi che serpeggiavano fra rive scoscese e canali profondi. La massa di vegetazione verde-porpora, che ricopriva la pianura in una serie di cinture, ondeggiava e si contorceva insieme all'alba; sembrava quasi senziente, ma nascondeva in realtà l'unica forma di vita senziente sul Mondo di Ree'hd.
Il pilota, abituato forse a rispondere a un flusso interminabile di domande da parte dei turisti, parve a Zeitman piuttosto sorpreso per il silenzio dei suoi passeggeri. Zeitman lo vide che li soppesava mentalmente.
Un uomo cieco, senza nome, i capelli bianchi che gli scendevano ondulati sulle spalle, un vestito malconcio, blu e marrone. Sedeva in fondo alla navetta, giocherellando con gli anelli di metallo annerito che gli coprivano le dita, un sorriso fisso sulle labbra, come se fosse perfettamente soddisfatto del suo mondo; e guardava fuori dal finestrino come se potesse vedere la terra sottostante.
Una ragazza, Susanna Neves, tipica femmina di un mondo a bassa gravità, bruna, esile, vestita con eleganza e insoddisfatta di qualcosa. Sembrava molto sicura di sé, perciò era probabilmente ricca, o più giovane di quanto apparisse, o entrambe le cose.
E Robert Zeitman. Sembrava importante, ma non portava nessuna cartella, non aveva l'aria autoritaria di un amministratore, o quella distaccata di uno scienziato. Vestiva alla moda europea-terrestre, abito a un pezzo con giacca, informe e sgargiante, indossata sopra. Perciò l'uomo era stato sulla Terra; ma sembrava anche familiare con il mondo sottostante.
— È la prima volta che viene sul Mondo di Ree'hd? — chiese il pilota alla fine. Zeitman, che si aspettava la domanda, sorrise, e spostò lo sguardo dal finestrino laterale a quello di prua, da dove si scorgeva una catena di colline immersa nel buio.
— La seconda — disse. — Sono stato qui molto tempo fa.
— Perché se n'è andato? — L'uomo era piuttosto brutale nelle sue domande. Zeitman gli gettò un'occhiata e si voltò.
— Ragioni private.
Il pilota annuì lentamente, come se tutto fosse limpido come cristallo, adesso. Dopo un momento: — Ma è tornato. Per sempre?
— Sono tornato. Spero per sempre, sì.
— Tutti e tre siete tornati da qualche parte?
L'interessamento del pilota cominciava a diventare irritante. Aveva evidentemente capito che non erano turisti; altrettanto evidentemente aveva visto l'ammassarsi di navi in orbita intorno al Mondo di Ree'hd, e aveva capito che qualcosa non andava. Ed era giunto alla conclusione che i suoi passeggeri avessero qualche rapporto con il caos fuori dell'atmosfera.
La ragazza, Susanna, disse: — No, io sono qui per la prima volta. Loro due sono gli esperti.
A queste parole il cieco rise. — Così esperto che riesco a vedere i cambiamenti anche da quest'altezza.
Il pilota emise un suono divertito, che non era proprio una risata. — Non l'avrei mai immaginato — disse ad alta voce, poi, accorgendosi della scortesia, si affrettò a scusarsi. — A forza di stare nello spazio si perdono le buone maniere.
— Non c'è bisogno di scuse — disse il cieco allegramente. Zeitman lo guardò, incontrò gli occhi bianchi, lo sguardo penetrante che sfidava tutto ciò che Zeitman sapeva dei ciechi. Conosceva, per esperienza diretta, l'inquietante capacità dell'uomo di vedere malgrado la sua assoluta cecità. Non aveva mai fornito spiegazioni, e dal momento che Zeitman gli era stato alle costole per quasi tutti i tre mesi di volo da Regan-M22, la penultima tappa del viaggio, era giunto alla conclusione che qualsiasi segreto il cieco nascondesse nel suo cuore, lì sarebbe rimasto.
Il vento cominciava a farsi sentire sulla navetta. Il pilota controllava bene l'assetto di volo, ma adesso l'interesse per i suoi tre passeggeri stava distraendolo. In particolare per l'uomo alto e silenzioso che sedeva accanto a lui.
— È un mondo tranquillo — disse, mentre i primi elementi di buio li avvolgevano. — Se non le dà fastidio la bassa gravità. Io ho già inoltrato la richiesta per farmi assegnare alla base di terra, qui. Un bel posto per trascorrere gli ultimi giorni della propria vita.
— Non ha una base natale? — chiese Susanna. Il pilota le gettò un'occhiata nello specchietto retrovisore. — La mia base era su Sabbath. Trent'anni fa, è stato il secondo mondo colonizzato a essere colpito dal Terrore. Io mi trovavo nello spazio, allora, ma ho perso una quantità di buoni amici. L'intero pianeta è deserto, adesso, a parte pochi sconsiderati che non vogliono accettare il fatto che il Terrore è una malattia organica, e credono di potere combatterla con la forza della volontà. Non ci riescono, naturalmente; se non si fanno a pezzi a vicenda, corrono urlando alle stazioni sane.
— Dominion non è stato toccato, fino a ora — disse Susanna pensierosamente.
— Il suo pianeta natale? Sì, lo pensavo anch'io che ce l'avrebbe fatta, dal momento che è un mondo di lusso, e questo, per definizione, significa che è di tipo terrestre. Non c'è ragione alcuna per cui anche gli umani sul Mondo di Ree'hd non dovrebbero farcela. Sono solo le fogne come Sabbath che cadono in preda al Terrore, e a qualsiasi cosa lo diffonda. — Rimase in silenzio, quasi con tristezza. A Zeitman parve di avvertire in lui il senso di una perdita... anche dopo trent'anni.
Susanna disse: — Mi spiace che abbia perso la sua patria. Dev'essere stato terribile.
— È passato tanto tempo, ormai. D'allora, altri cento mondi hanno fatto la stessa fine, e ho fatto parte di più missioni di soccorso di quante riesca a ricordarne. Ma non servono a niente. Il Terrore colpisce, il Terrore uccide. Se prende una persona con il Terrore e la spedisce sulla Terra, dall'altra parte della Galassia, quello muore lo stesso. È la volontà di vivere che se ne va... dopo il periodo di persecuzione, cioè.
Il cieco aveva ascoltato in silenzio, con attenzione. Pareva molto perplesso e molto rattristato da quello che stava ascoltando. — È una malattia, dice?
— Ma da dove viene, lei? — chiese il pilota con un sorriso. — Non ha mai sentito parlare del Terrore? Il più grande flagello della razza umana dai tempi della Guerra Solare.
— Ne ho sentito parlare — disse il cieco, in maniera non del tutto convincente. — Non sapevo che capitasse anche sulla Terra...
— Non ho detto questo. — Si voltò verso Zeitman. — Dicono... non si sa chi lo dice... che anche la Terra sia stata colpita dal Terrore. Lei... lei ne sa qualcosa?
"Mio Dio" pensò Zeitman. "Possibile che non si riesca mai a mantenere un segreto?" Disse: — Io non bado mai alle dicerie. Mi interessano solo i fatti, per principio.
Il pilota non parve convinto.
— Lei dovrebbe saperlo, immagino. Quanto a me, sono altrettanto scettico circa le voci. Ma la Terra è diventata una fogna quasi quanto Sabbath. E di questi tempi, ormai, non mi sorprende più niente.
La navetta non raggiunse mai l'oscurità totale. La terra sotto di loro divenne indistinta, acquistando un'atmosfera di mistero, ma dopo pochi momenti il vascello si alzò sopra una bassa catena di colline, e la vasta città di Terming apparve sotto di loro. Si presentava, nelle ultime ombre della notte, come una zona di grigio e di bianco, sparsa sulla pianura di Duchas fin dove poteva giungere lo sguardo. In effetti, esisteva un confine molto netto della città, e l'intera installazione copriva poco più di duecentocinquanta chilometri quadrati.
Le luci delle strade di comunicazione e del centro erano ancora accese. Il centro, una zona di venticinque chilometri quadrati circa, lanciò il suo luminoso benvenuto alla navetta, e i tre passeggeri si accorsero di poter discernere con sufficiente chiarezza singoli edifici e veicoli. Mentre il centro della città rimpiccioliva alle loro spalle, seguirono le strade che si avvolgevano come serpenti di luce bianca verso il buio improvviso delle pianure.
Bruscamente com'era giunta, Terming svanì, e sotto di loro ci furono solo gli oscuri terreni ancestrali dei Ree'hd, la razza indigena che viveva su due terzi del continente.
Zeitman si rilassò sul suo sedile, anticipando il momento dell'atterraggio. Non poteva vedere alle sue spalle, ma immaginava che il bordo superiore del sole stesse alzandosi sopra l'orizzonte di Terming, e quando la navetta fosse atterrata (più tardi di quanto Zeitman avesse previsto), l'alba avrebbe fatto irruzione anche in quelle terre, e Susanna, alla sua prima visita sul Mondo di Ree'hd, avrebbe conosciuto la furia nuda del san-hat-rhine, il Vento che viene dalla Terra.
Il pilota, benché preso dalle procedure di atterraggio, sembrava lo stesso deciso a evitare il silenzio totale. — Non ho ancora capito perché la base di atterraggio debba essere così lontana dalla colonia — disse scuotendo la testa. — Non ha senso.
— Terming non è una colonia — disse Zeitman pazientemente. Aveva già avuto questa discussione con Susanna, ma nel suo caso c'era una buona ragione per spiegarle perché la città non fosse una colonia, bensì un'installazione. Non aveva alcuna voglia di insistere sull'argomento con il pilota.
— Un'installazione, allora — disse il pilota, con aria poco convinta. — Un'installazione di duecentomila uomini, donne e bambini, mi sembra che assomigli in modo sospetto a una colonia.
Ma Terming non era aperta all'insediamento, ed era questo il punto decisivo. Lo scopo di una colonia è quello di essere una base da cui l'uomo, come conquistatore, potesse allargare la sua influenza, fino all'intero pianeta. Ma il Mondo di Ree'hd era abitato da una specie intelligente, e una colonia non era permessa. La Federazione aveva concesso tuttavia che venisse fondato un singolo centro di studi, scambi culturali, industrie, una città-installazione finanziata dalla InterSystems Biochemicals, che aveva scoperto la possibilità di sfruttare molti esemplari della flora locale. I Ree'hd avevano dato il loro consenso alla costruzione della base. Tutti i processi di coltivazione, lavorazione, esportazione, avevano luogo entro il perimetro dei duecentocinquanta chilometri quadrati di terra in proprietà diplomatica. I confini non erano mai stati allargati, a parte la stazione di atterraggio fuori dalla città, da tre secoli.
L'industria alimentare produceva solo rifiuti organici, che l'ambiente divorava. La produzione di energia era l'ultimo dei problemi per Terming, che sfruttava ogni giorno i venti del mattino.
Qualcosa si staccò dalla superficie del mondo sottostante e si alzò veloce per incontrare la navetta. Era un movimento invisibile anche per occhi "ciechi", ma sia Zeitman che il pilota sapevano che la sonda era in fase di avvicinamento. Pochi secondi dopo, l'occhio minuscolo della telecamera sbirciò attraverso il finestrino di prua con immobile fissità, poi sparì per attaccarsi allo scafo della nave e contare le fonti di calore animale. Se ci fossero stati più corpi del previsto, il permesso di atterraggio sarebbe stato negato.
Un momento dopo: — Navetta, rispondete, navetta, rispondete.
— Navetta Realta Zero Cinque. Pronti all'atterraggio — rispose il pilota.
— Procedete pure, Realta Zero Cinque.
Il segnale era chiaro e privo di interferenze, e Zeitman scrutò nel buio alla ricerca delle luci della base di atterraggio.
— Cinture — disse secco il pilota. Zeitman schiacciò un pulsante sul seggiolino, e questo cambiò forma per avvolgerlo in maniera sicura. La navetta s'inclinò lievemente e il primo rumore dei motori entrò nella cabina altrimenti silenziosa. Mentre il veicolo rallentava, librandosi sulle ali, Zeitman scorse la base di atterraggio. Era una vasta zona coperta di cemento, con un piccolo gruppo di edifici e di torri a un'estremità. Le torri svettavano altissime nell'atmosfera del Mondo di Ree'hd, e vicino alla cima di una di queste Zeitman poteva vedere una finestra illuminata e tre o quattro volti non-umani che fissavano il vascello in arrivo.
Calarono verso una culla che aprì le sue braccia come un anemone gigante, avvolgendoli e afferrandoli con scricchiolii e rumori di ogni sorta. Quando il brusco atterraggio fu terminato, Zeitman si trovò a guardare l'altopiano occidentale, dove il bordo di Dollar Moon, il più grande dei due satelliti del Mondo di Ree'hd, si scorgeva appena fra i picchi delle montagne più alte. Verso est, sopra le colline che avevano appena sorvolato, la prima striscia del sole appariva nettamente definita, immensa, rossa, affilata nella limpida aria mattutina.
Nella navetta tutto era silenzioso, a parte il mondo esterno, e il rumore del vento sullo scafo sembrava strano dopo tanti mesi trascorsi nel vuoto.
Forse a causa del fatto che erano arrivati sul Mondo di Ree'hd all'alba, il trasporto aereo per Terming non li stava aspettando. E neppure Kristina. Nascondendo il suo disappunto, Zeitman espresse ad alta voce la propria irritazione per il fatto che avrebbero dovuto aspettare almeno un'ora in quella desolata stazione di atterraggio, in attesa che Dan Erlam si alzasse, a ottanta chilometri di distanza, e si ricordasse dei suoi doveri. Ma la cosa offrì sia a Zeitman che al cieco l'occasione di riprendere contatto con il mondo che entrambi avevano conosciuto anni prima.
E introdusse Susanna al tipo di clima che avrebbe dovuto aspettarsi per i prossimi anni.
Affidarono i loro bagagli a una funzionaria dall'aria stanca, che preparò per loro una bevanda stimolante e li equipaggiò con l'armatura standard del Mondo di Ree'hd, una tuta aderente che li avrebbe tenuti al caldo o al fresco, in qualsiasi condizione si fossero trovati. Il cieco rifiutò di indossare quello che considerava un indumento restrittivo, ma Zeitman accolse con favore quella seconda pelle, e convinse anche Susanna a servirsene.
Il vento soffiò forte e sferzante per molti minuti, ma alla fine Zeitman avvertì che cominciava a calare, e uscì nell'aria mattutina. Susanna lo seguì. Si allontanarono dagli edifici, sulla pista di cemento, finché non raggiunsero il suolo nativo del pianeta. Da lì, fra le folate di vento, Zeitman indicò i principali elementi del panorama: le montagne della Porta dell'Inferno a nord, la grande distesa di valli e di picchi dove erano stati trovati i dubbi resti dei Pianhmar; le foreste che circondavano le montagne e si estendevano per migliaia di chilometri sull'estremità meridionale di Duchas e protendevano dense dita di giungla attraverso le pianure, fino agli stessi mari. Nelle giungle vivevano i Rundii, la seconda razza subintelligente del Mondo di Ree'hd; i Rundii erano stati responsabili di un gran numero di morti fra i primi abitatori umani dell'installazione. Adesso umani e Rundii si trattavano con rispetto e c'erano pochissimi attriti. I branchi di Rundii si tenevano fra gli alberi, e gli umani, nei rari casi in cui uscivano dalla città, si muovevano solo sulle pianure.
Fu mentre camminavano verso l'affluente di un fiume che scorre va a qualche chilometro a sud che Susanna vide il suo primo alieno. Era un Ree'hd solitario che si dirigeva lentamente e faticosamente verso la sua comunità.
Quattro anni di lontananza non avevano diminuito la familiarità di Zeitman con la cultura Ree'hd. Individuò immediatamente l'indigeno come un Errante.
Susanna si era accovacciata dietro un rialzo del terreno, a un centinaio di metri di distanza. Guardava la creatura con un'intensità affascinata, che quasi sconfinava nell'orrore. Aveva visto delle immagini, naturalmente, ma c'era (e l'aveva sperimentato anche Zeitman) una sorta di shock nell'incontrare per la prima volta un Ree'hd vivo. Esso nasceva dalla combinazione fra l'aspetto bizzarro della creatura e la consapevolezza che si trattava dell'unica altra razza intelligente nell'universo conosciuto. Incontrare un vero alieno era sempre un momento di grande solennità.
Il Ree'hd, osservando l'ambiente laterale con gli occhi sensibili agli infrarossi, aveva individuato senza difficoltà i due umani. Voltò la grossa testa e gli occhi anteriori, sensibili alle forme e ai colori, si mossero lentamente, sintonizzandosi sulla visione binoculare. Gli occhi erano piccoli, ma la carne mobile in cui erano collocati copriva la metà della faccia della creatura. Le grandi prominenze delle tempie entrarono in attività mentre la luce lampeggiava dalla superficie sfaccettata degli occhi notturni.
Si fermò e fissò Zeitman, che alzò un braccio in segno di saluto. Il Ree'hd si avvicinò zoppicando, a fatica. Mentre si avvicinava, Zeitman individuò le caratteristiche sessuali: un disegno particolare della pelle squamosa sulla pancia della creatura. Era una femmina, gravida di un piccolo.
La gamba destra aveva una brutta ferita, e il sangue rosso porpora si era raggrumato in una massa informe che andava dall'inguine (che era privo di caratteristiche sessuali, senza dubbio con sorpresa di Susanna) ai piedi muscolosi e allargati. Mentre si avvicinava, Susanna poté farsi un'idea del movimento normale di un Ree'hd, un ondeggiare da un lato all'altro, le gambe grosse come tronchi che avanzavano quasi senza sforzo. La Ree'hd avanzava in posizione semi-accucciata, il corpo proteso in avanti, le lunghe braccia allargate sui fianchi; al posto delle mani aveva dei dischi muniti di quindici tentacoli con molte giunture, sensibili al tocco e all'odorato.
La Ree'hd si fermò a pochi metri dai due umani, e li guardò a turno. Si toccò la gamba, quasi con imbarazzo. — Sembra peggio di quanto sia in realtà.
La voce, che parlava in inter-Ling con sorprendente scorrevolezza, lasciò di stucco Susanna. La ragazza guardò Zeitman con aria interrogativa. Poi sorrise, quasi con imbarazzo. — Ho un sacco di cose da imparare — disse.
Rivolto alla Ree'hd, Zeitman disse: — Da quanto tempo sei via?
Un lungo sospiro uscì dalla grande bocca carnosa della Ree'hd. Immediatamente una seconda bocca si aprì sotto la prima. Un rutto fetido assalì le sensibili narici di Susanna e la ragazza fece una smorfia, ma ancor più rimase sorpresa per la dualità di bocca e labbra.
La bocca inferiore si chiuse e divenne quasi invisibile, con le labbra che si ritiravano completamente all'interno. — Un anno — disse la Ree'hd. — Ho vagato verso sud, ma non c'era più ragione di continuare.
— Cosa ti ha attaccato?
— Un broo'kk. Mentre attraversavo una piccola foresta, a qualche chilometro da qui. Non avrei dovuto farlo.
— Cosa è un... broo-uck? — chiese Susanna, rivolgendo la domanda a Zeitman.
— Broo'kk — la corresse Zeitman. — Un carnivoro raro da incontrare.
— Ma spiacevole — disse la Ree'hd, rivolgendo ai due un sorriso quasi-umano. Era un gesto innaturale per un Ree'hd, ma era un gesto facile da riprodurre, e venne bene accolto dagli umani, dal momento che rappresentava un riconoscimento di amicizia fra le razze.
La femmina Ree'hd si allontanò, tornando verso il torrente che stava seguendo in direzione della sorgente.
Zeitman prese il braccio di Susanna e la guidò verso la base. — Quella era un'Errante. È stata fortunata, in un certo senso. La maggior parte degli Erranti non tornano più.
— E cosa sarebbero questi Erranti?
— Un Ree'hd che deve lasciare la sua comunità per trovare la pace interiore. Anche se la verità probabilmente è un'altra. I Ree'hd sono difficili da capire, per molti versi. Se un consanguineo muore in maniera innaturale, o di malattia, il suo parente più vicino parte in vagabondaggio. Questo può durare da un mese a un anno. Il settanta per cento delle volte, l'Errante trova la pace interiore e si uccide annegandosi. Il trenta per cento delle volte ritorna, e non c'è assolutamente alcun cambiamento nel suo status all'interno della comunità. La comunità si riorganizza ogni anno, le relazioni di parentela cambiano, e il nostro Errante vi partecipa altrettanto attivamente.
L'istituto del vagabondaggio era un argomento che Zeitman aveva studiato durante la sua precedente residenza sul Mondo di Ree'hd, ed era un fenomeno che non era mai riuscito a comprendere in maniera soddisfacente. E neppure c'era riuscita Kristina che aveva lavorato con lui.
Pensò a lei, per un momento. Faceva fatica a nascondere il suo disappunto per il fatto che non fosse stata alla stazione ad accoglierlo. Ma ripensandoci, non era poi così sorpreso che non si fosse fatta vedere. Era stato soltanto durante l'ultimo anno della sua assenza dal Mondo di Ree'hd che le sue sporadiche comunicazioni con lei avevano preso un tono vagamente affettuoso. Kristina era ancora sua moglie, anche se erano praticamente separati. Solo che non si erano mai dati la pena di formalizzare la cosa. Per tre anni, su diversi mondi sparsi in lungo e in largo e in alto e in basso dello spazio conosciuto dall'uomo, Zeitman aveva seguito il suo estro, senza darsi pensiero di sua moglie. Era stato soltanto dopo questi tre anni che aveva provato d'improvviso un senso di rincrescimento, seguito dalla convinzione di aver commesso un errore, di essersi comportato orrendamente, di dover fare ogni sforzo per rimettere le cose in sesto e ricominciare da capo. E anche se gli era venuto in mente che un nuovo inizio richiedeva il consenso di due persone, e forse a lei non interessava la cosa, da quando era partito dalla Terra in direzione del Mondo di Ree'hd, Zeitman aveva vissuto tanto a lungo nel suo sogno di ricongiungimento, che qualsiasi altra soluzione gli sarebbe apparsa inconcepibile e intollerabile.
Per questo l'assenza di Kristina dalla base era stato un duro colpo, e la mancanza di qualsiasi comunicazione o spiegazione era un cattivo presagio, che lo deprimeva sempre più a ogni minuto che passava.
Mentre arrivavano all'ombra di una delle torri di controllo, nascosti dal sole arancione che si era ormai levato sopra l'orizzonte, Susanna si arrestò e si voltò a guardare la Ree'hd, una forma lontana e solitaria che si muoveva lentamente verso nord. Contemplò la vista con evidente commozione, il suo sguardo che si soffermava per qualche istante sulle montagne della Porta dell'Inferno.
— Sembrano insormontabili.
— Le montagne? Infatti. Coprono migliaia di chilometri quadrati, e non credo che alcun umano abbia mai superato le prime due o tre catene. Il vento, man mano che si sale, diventa troppo violento anche per i nostri skimmer... e sono dei veicoli robusti, nella maggior parte delle situazioni.
— Ma è lì che si suppone abbia vissuto l'altra razza. Forse erano innamorati del vento.
Zeitman rise. — Tutti sul Mondo di Ree'hd sono innamorati del vento. Il vento è la nostra più grande risorsa. È così prevedibile.
Come per smentirlo, una folata violenta e improvvisa li investì, spingendoli di corsa verso il calore della stazione. Susanna rise e afferrò la mano di Zeitman, mentre i capelli le coprivano gli occhi, e i piedi facevano fatica a trovare un appoggio. Andarono a sbattere contro la porta della sala passeggeri, e, come se fosse soddisfatto di aver vendicato la bestemmia, il vento calò.
Aspettarono in silenzio l'aereo. Susanna fece il suo primo sforzo di imparare qualcosa circa il Mondo di Ree'hd studiando le mappe e le guide, che erano appese, più che altro a scopi decorativi, sulle pareti altrimenti nude della sala. Zeitman la osservò, ma la sua mente era assorbita da Kristina. Quanto era cambiata? si chiese. Il suo fisico era asciutto quando l'aveva conosciuta, ma guardando l'esilità della ragazza di Dominion, l'impressione che ne aveva adesso era di una donna prosperosa. Indugiò sui ricordi della forma fisica di Kristina, e facendo questo riuscì a cacciare dalla mente le discussioni amare e il sarcasmo pungente che lei aveva usato come un'arma contro di lui, durante gli ultimi mesi della loro relazione. Più di qualsiasi altra cosa, forse, era stata la sua ostilità a scacciarlo dal mondo che era arrivato ad amare.
Tanto bastava per i ricordi dei brutti tempi.
— Com'è l'altro continente?
Ci volle qualche momento a Zeitman per rendersi conto che Susanna stava parlandogli. Lei sorrise, mentre lui assumeva un'aria di scusa. — Ho interrotto dei pensieri piacevoli?
Lui scosse la testa. — No. Non direi. Wooburren? Un posto desolato. Nessuna vita intelligente. Ho trascorso qualche tempo, laggiù, con... della gente.
— Wooburren... non sembra una parola indigena.
— Non lo è. E neppure Duchas. Il nome risale ai primi esploratori, è tutto quello che so. Se ti interessa, gli indigeni chiamano questo continente Sam'Hreeroill'ju'uk... che tradotto concettualmente significa "la terra con la vita dai venti". I Ree'hd hanno un'acuta consapevolezza di Wooburren, anche se per loro è una leggenda, e lo ritengono un'isola. Lo chiamano... vediamo se mi ricordo bene... Kranncaith'samhaill, "l'isola che galleggia nel tempo e porta lo spirito del Vento della Terra". Come scoprirai, gli indigeni credono nell'esistenza di una parte metafisica della vita che risiede fuori dalla comunità, fino a quando non si presenta una forma fisica per assumerla.
— Vuoi dire, anime che vengono da Dio.
Zeitman scosse la testa. — I Ree'hd non hanno alcun concetto di Dio, solo del potere del vento.
Mentre assimilava questa informazione, Susanna tornò alla sua osservazione delle mappe. Distratto dalle sue reminiscenze, Zeitman cercò di conversare con l'uomo cieco senza nome, ma questi sembrava di umore malinconico. Sedeva teso e a disagio, le dita che rigiravano gli anelli della sinistra facendoli salire e scendere lungo le dita. Fissava il centro della sala di attesa e due rivoletti di sudore gli colavano dagli angoli interni degli occhi... era solo il caldo secco della stanza, ma dava all'uomo vestito malamente un'aria di grande desolazione.
Rendendosi conto dello sguardo di Zeitman, l'uomo sorrise, il suo volto che s'increspava in mille sottili rughe. La sua pelle era molto abbronzata, e quando rideva o aggrottava la fronte, le pieghe già intricate del suo viso formavano disegni complessi come quelli di impronte digitali. Interruppe il suo nervoso giocherellare con le dita, e infilò la mano sotto la giacca di pelle marrone per grattarsi la pelle nuda.
Zeitman aprì la conversazione. — Fa uno strano effetto tornare, vero?
Il cieco annuì lentamente. — Inquietante. Davvero inquietante. È tutto così diverso. L'atmosfera, voglio dire. È diverso.
Zeitman si accorse, adesso, che non era la malinconia ad affliggere l'uomo, ma l'agitazione; un disagio che egli cercava di nascondere, ma che era troppo forte per lui. Proseguì, mentre Zeitman, con il suo silenzio e il suo interesse, lo incoraggiava. — Non voglio dire che ci sia un odore diverso. E a parte questa base, da qui questo mondo sembra uguale... e lei sa che parlo alla lettera. Ma sento dei segnali di allarme che mi rintronano la testa! — Si batté con la mano sui capelli bianchi e scomposti, scosse la testa. — Non capisco. L'atmosfera emotiva è diversa. C'è della tensione, della vera tensione. Forse può avvertirla anche lei. Una grande tensione, Zeitman... come se... come se una tempesta emotiva stésse per scoppiare. Non riesco a identificare la fonte, ma è forte. Molto forte.
Zeitman non riusciva a sentire quello che sentiva il cieco. Dopo un momento cambiò argomento. — Quando è stato qui, la prima volta.
— Oh... anni fa. Molto tempo fa...
Prima che Zeitman potesse approfondire l'argomento, un piccolo skimmer, adatto a sei persone più il carico, atterrò sulla base, a poca distanza dalla sala di attesa, e il pilota arrivò a prendere i suoi passeggeri. Si scusò per il ritardo, ma non ne spiegò la ragione, il che voleva dire che Erlam aveva dato in ritardo le istruzioni. Zeitman non disse niente.
Uscirono nel vento intenso, e si infilarono nel piccolo velivolo. Quando si furono legati le cinture di sicurezza, lo skimmer si alzò in volo come una foglia, facendo quasi una capriola mentre virava per sfrecciare basso verso la città.
Dei segni di attività, a qualche chilometro a nord, indussero il cieco a chiedere al pilota di deviare da quella parte, e senza fare alcun commento sulla stranezza della richiesta, l'uomo virò di traverso al vento e portò i loro passeggeri verso quella che Zeitman aveva già capito essere una comunità indigena. Il gruppo era sul punto di disperdersi dopo la cantilena di massa con cui essi, come tutte le comunità Ree'hd, avevano salutato l'alba e il Vento ostile della Terra. Dal loro punto di osservazione, al di sopra della comunità e del fiume attorno a cui si era radunata, gli ingressi ai cunicoli dei Ree'hd apparivano come zone d'ombra, difficili da identificare come i punti di accesso all'intricato sistema di caverne e corridoi che si stendevano sotto il terreno per centinaia di metri.
La cosa che più interessò Zeitman fu lo skimmer fermo a poca distanza dal fiume, visibilmente sbatacchiato dal vento. Non possedeva alcun marchio che riconoscesse, e non vide traccia di umani fra la folla di Ree'hd, ma da quell'altezza la forma relativamente piccola di una creatura umana sarebbe stata difficile da distinguere...
Susanna gridò.
Era seduta dietro a Zeitman e accanto al cieco, e nella piccola cabina il suo grido fu come uno shock. Il pilota perse per un istante il controllo del velivolo, che rimase alla mercé del vento, precipitando fino a sette o otto metri dal terreno, prima di raddrizzarsi e ritrovare una distanza di sicurezza.
Guardandosi intorno, Zeitman vide che il cieco non era più seduto al suo posto, e non era neppure nella cabina... e l'istante dell'accettazione di quel fatto fu accompagnato da un cristallizzarsi della paura, dalla consapevolezza da parte di Zeitman della sensazione che aveva provato ogni volta che aveva parlato con il cieco: che quello strano individuo non appartenesse ad alcun universo con cui Zeitman fosse familiare.
— Per l'amor di Dio, cosa è successo? — disse il pilota, irritato. Si voltò a guardare Susanna, e contemporaneamente vide il posto vuoto del cieco, e rimase visibilmente confuso. — Cosa è successo?
— È svanito — disse Susanna con voce atona. Tremava ed era ovviamente riluttante a guardare il posto vuoto accanto a lei. — Non stavo guardandola, ma l'ho visto sparire con la coda dell'occhio. È svanito in un istante... — Questa volta guardò il posto vuoto, e le cinture ancora allacciate, che penzolavano nel punto dove avrebbe dovuto trovarsi il cieco.
Zeitman prese la mano di Susanna. Lei sorrise e disse: — Sto bene. Grazie. È solo che... mi sono spaventata.
Tremava ancora, ma non c'era nulla a cui Zeitman poteva pensare che valesse la pena di dire. Le lasciò la mano e si perse nei propri pensieri. Il resto del volo proseguì nel silenzio totale.
2
Era piovuto, nel corso della breve notte, e Urak, con insolita mancanza di preveggenza, non aveva alzato la barriera di fango all'imboccatura della galleria.
Il substrato intorno all'ingresso si era trasformato in una pasta luccicante, che era scivolata nel sistema del corridoio esterno, dove Kristina, risvegliandosi dal suo sonno come sempre profondo, poté vederlo seccarsi al vento freddo dell'alba che ventilava il sistema di gallerie. Per fortuna la pioggia non era stata intensa, altrimenti si sarebbe ritrovata a nuotare nel fango, com'era accaduto in passato a molti Ree'hd imprevidenti (o pigri).
Urak non era nel cunicolo. Kristina si sedette e si stirò, e in quel semplice movimento c'era un piacere che non avrebbe mai immaginato, quando viveva come l'umana che ancora era. La camera era al buio, ma muovendo la testa in direzione dell'ingresso avvertì la corrente di aria filtrata che manteneva fresca la camera, e poté anche vedere il chiarore del giorno all'esterno. Guardando con più attenzione, le conseguenze dell'allagamento si fecero evidenti. Il corridoio esterno era praticamente inutilizzabile.
Chiamò Urak, accendendo nello stesso tempo la piccola lampada che il Ree'hd le permetteva di tenere. Tendendo l'orecchio per una risposta, tutto quello che riuscì a sentire fu l'urlo del vento, lontano e soffocato. Ebbe un momento di panico. Aveva mancato il canto mattutino? Si calmò dopo qualche secondo, pensando che Urak, malgrado tutta la considerazione per la sua umanità, non le avrebbe permesso di rimanere addormentata durante l'evento più significativo della giornata.
Aveva i muscoli indolenziti, in varie parti del corpo, ma soprattutto attorno alle anche. Anche se il suo corpo non si lamentava più per questa abitudine di alzarsi al levar del sole, si lamentava decisamente per la maniera in cui aveva dormito, accovacciata e con il busto ritto, secondo il modo del suo "amante" Ree'hd, che era il Ree'hd più diritto che lei conoscesse. Cominciò a fare ginnastica, chiamando di nuovo Urak, con umana impazienza.
Nel mezzo di alcuni vigorosi piegamenti, sentì parecchi Ree'hd passare nel corridoio, ovviamente irritati per la fanghiglia che erano costretti ad attraversare. Kristina interruppe i suoi esercizi e guardò le forme passare davanti all'ingresso della camera; erano per la maggior parte Ree'hd immaturi, le braccia a forma di pala tenute rigide davanti ai corpi. Sarebbero servite loro per spazzare via il fango, prima di mettersi al lavoro per allargare il complesso delle gallerie, operazione resa necessaria dal piccolo aumento della popolazione quell'anno.
L'ultimo Ree'hd entrò nella camera, e per un momento Kristina si sentì a disagio. L'indigeno era ricoperto di fango umido, e Kristina non riconobbe Urak per alcuni secondi, durante i quali la propria nudità le causò un acuto imbarazzo. Un sentimento irrazionale, forse, dal momento che fra umani e Ree'hd soltanto le più fondamentali caratteristiche anatomiche presentavano delle somiglianze; ma insieme al crescente affetto di Kristina per l'anziano Ree'hd, si era fatto strada il medesimo imbarazzo che accompagna gli inizi di una relazione intima fra due umani. Era una sensazione che le piaceva, anche se non la comprendeva appieno.
— Non hai freddo? — chiese Urak, parlando lentamente la propria lingua, in maniera che Kristina potesse capirlo. Cominciò a ripulirsi dal fango, passandosi sul corpo gli avambracci callosi, con complicati movimenti; le dita delicate, apparentemente senza controllo cosciente, si occupavano di pulire i punti più intimi e sensibili.
— No. È strano. — Kristina cominciò a vestirsi. La piccola camera, con lo spesso strato di vegetazione sul pavimento, era discretamente isolata dal freddo, ma non era certo calda. Kristina si era abituata al freddo, ma affrontare il vento sferzante del mattino era una faccenda diversa. Un'armatura era la sola protezione possibile contro di esso.
— Niente formicolii questa mattina? — chiese Urak, con il suo sorriso artificiale. Usò la parola inglese (che era stata conservata in interLing), pronunciandola alla perfezione. Kristina scosse la testa, con aria soddisfatta. — Sto cominciando ad adattare la mia circolazione inferiore — disse.
— Impossibile — disse Urak. Il Ree'hd trovava l'idea del dolore al ritorno della circolazione sanguinea molto divertente. La sua razza non si rilassava mai, dal momento che la circolazione del sangue sulla superficie del corpo era molto efficiente (il calore superfluo si perdeva trasformandosi in elettricità che veniva scaricata attraverso la terra). Abbassandosi il metabolismo del corpo, o comprimendo la superficie, il limite esterno del corpo diventava una zona isolata di attività, il cui comportamento era sotto controllo cosciente.
— Il sole si è già alzato?
— Da poco — disse Urak. — Ma c'è una cortina di nubi sull'orizzonte che ti impedirà di vederlo. — Ancora una volta il sorriso artificiale, congiunto questa volta a un roteare orgoglioso degli occhi laterali, occhi che disponevano di complessi sistemi per individuare la luce polarizzata e infrarossa.
— Non vantarti della tua biologia superiore con me — disse Kristina — altrimenti io mi vanterò di quello che ha di superiore la mia. — Adesso poteva sentire il vento chiaramente: un mormorio lamentoso prodotto in effetti da un uragano in piena regola che soffiava verso le montagne lontane, passando sopra migliaia di chilometri di foreste che dividevano le pianure dei Ree'hd dalle montagne di un'altra epoca. — Non voglio perdere il canto, Urak...
— Non preoccuparti — disse il Ree'hd. — È ancora presto. Ci sono tante riparazioni da fare agli ingressi delle gallerie. Qualche minuto...
Si guardarono, umana e alieno, scambiandosi un'occhiata che ciascuno interpretò alla sua maniera, ma che entrambi interpretarono correttamente: da Kristina uno sguardo di amore assoluto; dal Ree'hd, calore e affetto, la versione aliena di emozioni che avrebbero dovuto cementare una relazione per tutta la vita.
La barriera fra di loro era troppo ovvia per dover essere discussa. Si toccarono, una mano con un'altra appiccicosa, dito sul viso corrugato, flessibile tentacolo su pelle fredda e coperta di peli, che indirizzava messaggi di insopportabile sensualità al cervello umano, irritando le ventose sensibilissime dell'alieno, mentre i peli invisibili sulle guance e sul mento di Kristina gettavano nel caos i terminali nervosi delle dita di Urak.
— Kristina — disse il Ree'hd, parlando in interLing con quello che Kristina trovava un accento meravigliosamente sexy — da quello che ho appreso mentre tu e Robert...
"Oh, Urak! Perché ricordarmelo?"
— Kristina? Sei diventata fredda... — Un attimo di incertezza. — Ah... Ho menzionato ciò che non deve essere menzionato.
— Sì.
— È questa una tipica reazione umana al ricordo di un frammento del passato? Ostilità. Ira. Non devo mai più fare cenno a Robert Zeitman, anche se era un ottimo amico di entrambi?
— Mai più. — "Sta arrivando" pensò Kristina. "Arriva oggi, ritorna al Mondo di Ree'hd, alla mia casa, e pensa di tornare con me... che schifosissimo scherzo del destino." Ad alta voce disse: — L'ho dimenticato e non desidero che mi sia ricordato.
Urak fece la pace toccandole le mani. — Mi dispiace... — In Ree'hd, questa volta. L'indigeno era capace di cambiare lingua come cambiava i tatuaggi del petto.
— Quello che volevo dire, era che mentre ero con te... prima, anni fa, quando tu mi studiavi per le tue ragioni, ho appreso le differenze fra le nostre razze circa il sesso.
— Oh? — Kristina era incuriosita.
— Non ne ho mai parlato prima — in interLing, adesso, usando le contrazioni delle parole come se avesse trascorso tutta la sua vita nella società umana — ma ci ho pensato. La vostra razza ha bisogno di una costante comunicazione sessuale, un bisogno fisico e sensoriale. Lo so e non vedo alcuna ragione...
Kristina sentì un senso di irritazione nascerle dentro, ma si costrinse a sorridere e a interrompere Urak. — Non c'è alcuna ragione per cui non dovrei andare in città per qualche distrazione. Sei molto gentile, Urak, ma non devi prendere i libri sulla biologia umana come unica fonte. Da quando il mio legame con un umano innominabile divenne un incubo, ho perso ogni desiderio del genere. Fine dell'argomento.
Urak assorbì la sua affermazione con il più lieve tremore delle labbra del canto, una indicazione di sollievo. "Sollievo?" pensò Kristina. "Gli fa piacere che non abbia bisogno di sesso? Sarebbe stato geloso, altrimenti? Meraviglioso! Un Ree'hd sessista era un esemplare davvero raro."
La conversazione terminò lì, bruscamente, con una tensione sotterranea che Kristina notava da un paio di giorni. La tensione era tutta da parte di Urak e Kristina non riusciva a spiegarsene la causa. Era iniziata la mattina in cui per la prima volta avevano discusso delle emozioni che ciascuno dei due sentiva, cercando di decidere se si trattava o no di amore. La tensione di Urak era nata non dal mutuo consenso sul fatto che si amavano, ma dal ragionamento, dalla discussione che ne era seguita.
— Il corpo umano non è privo di una sua bellezza — aveva detto lui.
— Grazie — aveva detto Kristina. — Sai, ci sono differenze sessuali più pronunciate che fra i Ree'hd, perciò spero che troverai il mio corpo più attraente di quello di un uomo.
Urak aveva continuato le sue pulizie mattutine. La bocca del canto era allargata in una espressione artificiale di divertimento.
— Temo di no. Il corpo femminile della vostra razza è goffo. Non è fatto per fondersi con la natura.
— Ma questo è un pianeta alieno per noi. Non puoi aspettarti che...
— Ma il corpo umano maschile sì. È veloce, asciutto (a parte quello del tuo amico Daniel), duro. Meno fragile. C'è più bellezza nel corpo maschile, malgrado la debolezza esterna del collo e dei genitali.
Kristina gettò a Urak un'occhiata irritata. — Noi abbiamo una parola per i maschi umani che la pensano come te, ma te la risparmierò per il momento. Il mio corpo è eccezionale. Non eccezionalmente bello, solo eccezionalmente ordinario. Ma molti corpi femminili sono veloci, asciutti e duri.
— In questo caso sono meno femminili.
— No! La femminilità è una condizione della mente, non del corpo.
Urak dibatté fra sé quel concetto. — Fate all'amore con la mente? Credevo che doveste provare un desiderio fisico. Mi ero sbagliato?
Kristina spiegò che se non c'era un amore mentale, era solo un rapporto. — Il rapporto ha due significati per un terrestre, ed entrambi sono necessari per l'amore. Fra coppie sotto vincolo, almeno.
Urak terminò di lisciarsi e fece cenno a Kristina di venire da lui. Lei si fermò sopra la sua forma seduta, e il Ree'hd allungò una mano e le toccò il corpo in maniera molto intima. Le sue "dita" le esplorarono il sesso, si avvolsero intorno ai seni. Kristina rimase immobile, ma dopo un po' cominciò a tremare. Come la vedeva il Ree'hd? si chiese. Agli occhi di un maschio umano era una donna di media altezza, media corporatura, capelli neri tagliati corti, denti giallastri a causa della dieta vegetale indigena. La faccia non era più liscia, ma coperta dalle rughe di una pelle sottoposta giorno dopo giorno alla sferza dei venti. Difficilmente poteva definirsi una bella donna.
Il momento di imbarazzo sparì subito: che importanza poteva mai avere, ormai?
— Gli attributi fisici — disse Urak — sono irrilevanti per un Ree'hd... questo lo sai, naturalmente. Non riesco a immaginare un pensiero guidato dall'apparenza esterna. Mi sembra molto superficiale.
Scegliendo con cura le parole, Kristina disse: — Devi distinguere fra l'amore e il desiderio. Per la maggior parte degli umani l'aspetto è un fattore secondario nello stabilire una relazione. A condizione che prima ci sia stato un buon contatto comunicativo. L'amore della mente prima dell'amore del corpo, come hai detto tu.
Urak ci pensò un momento. Poi disse: — Forse fra gli umani tanto l'amore fisico che quello mentale è necessario, a svantaggio della comprensione reciproca.
Kristina annuì, sorridendo. — Il corpo è una limitazione solo per l'amore fisico. Il vero amore è più grande dello stimolo ad accoppiarsi, e non c'è ragione alcuna di confinare la ricerca dell'amore ai membri della propria specie. Le nostre differenze corporali non sono fattori limitativi.
Fu allora che Urak cominciò a essere a disagio. Kristina non aveva mai visto una simile agitazione nel suo amico (per mesi amico, e adesso, da un giorno e più, suo amante). Allungò una mano e gli toccò le labbra del canto e la pelle sensibile sotto gli occhi laterali.
L'indigeno si alzò e rimase immobile, scrutando la donna. Sotto lo strato leggero la pelle sessuale era color verde smorto; non c'era alcun indizio di eccitazione. Ma non era in maniera sensuale che quell'aliena stranamente bella lo eccitava.
Era in una maniera, spiegò a Kristina, che lo spaventava. Non era ancora pronto ad accettare ciò che era così ovvio. Aveva la sensazione orribile che una volta che avesse meditato su ciò che lei gli stava insegnando (a lui, il Primo del villaggio), la ricerca della sua vita sarebbe terminata.
Aveva paura di raggiungere uno scopo. Ma amava Kristina, e sentiva che questo amore era contraccambiato.
Da quel momento, due giorni prima, essi avevano limitato le loro discussioni sull'argomento. Adesso Urak la precedette nella piccola camera, lungo il corridoio fangoso, fino all'uscita sul pendio che scendeva verso il fiume.
L'aria fredda fu uno shock per Kristina, mentre si raddrizzava appena uscita dal corridoio. Ebbe un brivido violento, e guardò il cielo che si stava coprendo di nuvole. Il sole, ancora ben visibile dalla comunità, era sopra l'orizzonte. Mentre guardava il disco rosso cupo, si sentì toccare il braccio, e sentì un sospiro di grande sofferenza emesso da un Ree'hd.
Seppe chi era prima ancora di guardare, ma dopo un momento incontrò lo sguardo alieno di Reems'gaa, la piccola femmina Ree'hd che era, in quel momento, causa di angoscia per Kristina.
Urak stava già camminando lungo il pendio fangoso, verso il fiume. Si fermò un momento, voltandosi a guardare senza alcun segno di emozione, malgrado l'evidente difficoltà di Kristina, poi proseguì.
Reems'gaa, la cui naturale parentela annuale con Urak, la sua legittima posizione, era stata usurpata dalla femmina umana, era adesso smarrita e confusa. Passava i suoi giorni seduta fuori dall'ingresso del cunicolo, implorando Urak di prenderla con lui e di non lasciarla fuori a morire. Urak, essendo in quel periodo l'elemento dominante di qualsiasi accoppiamento annuale volesse scegliere, la ignorava con tutta l'indifferenza di un adolescente umano. Reems'gaa si sentiva ferita per questo trattamento; e anche Kristina era irritata nel vedere Urak manifestare un così insolito disprezzo; e le dava pensiero il fatto che lei fosse, per dirlo chiaro, l'altra donna!
Reems'gaa emise uno strano rumore basso e chiuse gli occhi. Un gesto implorante. Mormorò delle parole in Ree'hd, parole che Kristina ebbe difficoltà a comprendere, e per un momento o due non riuscì a capire il perché.
Poi si rese conto che Reems'gaa stava parlando con le labbra del cibo.
— Oh, Dio! — gridò Kristina, provando un'immensa pietà; gli occhi le si riempirono di lacrime, e dovette farsi forza per non abbracciare la Ree'hd abbandonata e stringerla a sé. — Oh, Reems'gaa, non chiedermi... non farmelo perdere.
Perdendo ogni coerenza, la femmina Ree'hd cominciò a minacciarla con i suoni, con l'aspetto, con i gesti. I suoi occhi laterali si gonfiarono, mentre i fluidi corporali venivano pompati nei vasi mediani della faccia. Le braccia si sollevarono, le palme allargate, i tentacoli rigidi e secchi. Un'ira terribile, terribile!
Kristina corse verso Urak, scivolando sul fango, stirandosi un muscolo della gamba, lasciandosi alle spalle vergogna e colpa, mentre cercava di pensare a Urak e solo a lui.
Mentre si sedeva a un metro dall'acqua impetuosa, con gli spruzzi gelidi che le colpivano la faccia, sentì su di lei gli occhi di parecchi Ree'hd anziani. La situazione di Reems'gaa, la piega innaturale presa dagli eventi, non erano ben visti.
L'intera comunità aveva iniziato un canto senza parole.
Kristina sedette nel mezzo della popolazione, che si era sparsa per quasi quattrocento metri lungo le due rive del fiume. I Ree'hd sedevano in file di non più di tre, tutti con gli occhi chiusi, le braccia rigidamente piegate lungo i fianchi, i corpi immobili. Soltanto le loro labbra del canto si muovevano, quasi impercettibilmente, mentre emettevano le note ondeggianti dei canti mattutini.
Faceva molto freddo e il vento era sferzante e impietoso; si stava ancora rafforzando, anche se non avrebbe mai raggiunto la forza che possedeva un tempo, quando soffiava lungo quella valle. Kristina sapeva che era un declino perfettamente naturale e ciclico. Ma la maggior parte dei Ree'hd ne dava la colpa alla città di Terming. Seicento anni prima, i terrestri, appena giunti, avevano eretto delle barriere per proteggere dal vento le loro installazioni. I Ree'hd avevano protestato, ma dal momento che si trattava di una protesta irrazionale, erano stati ignorati. Non c'era, naturalmente, alcun Ree'hd vivo che potesse ricordare i sentimenti che avevano inondato il continente in quei giorni, ma il ricordo persisteva, e sembrava diventare una fonte di sempre maggiore irritazione, man mano che un Ree'hd invecchiava.
La discussione, antica di sei secoli, aveva causato la divisione dell'attuale comunità Ree'hd. Coloro che erano rimasti si erano trasferiti negli edifici di Terming, abbandonando i loro cunicoli sotterranei; coloro che si erano rifiutati di rimanere si erano spostati lungo il fiume, lontano dalle gole al di là delle terre basse, addentrandosi in una delle sfere evolutive dei Rund-iamha-reach (Rundii), "gli animali parlanti delle foreste mobili".
Kristina si accovacciò accanto a Urak e ascoltò la sua voce unirsi al coro di voci che salutava il nuovo giorno.
Non era opportuno che lei cantasse, anche se Urak le aveva detto che quando avesse compreso fino in fondo il significato del canto, il suo contributo acuto al campo sonoro sarebbe stato ammissibile. Adesso si accontentava di immaginarsi cantare, e il suo cervello sembrava fuori di sé per la gioia estatica provocata dalla monotona armonia che il vento raccoglieva e trasportava nella sfera dei Rundii.
L'acqua scorreva veloce, e Kristina si trovò a guardare quelli che qualche terrestre da lungo tempo dimenticato aveva chiamato "pesci argento", gli animali acquatici che riempivano i fiumi durante l'inverno e che, in assenza di qualsiasi consistente fauna terrestre, permettevano ai Ree'hd, tecnologicamente incompetenti, di non morire di fame. In estate e in primavera i "pesci" non venivano mai toccati. Si trovava abbastanza cibo uccidendo mentalmente i piccoli animali che abitavano nei cunicoli, o dando la caccia alla selvaggina a otto arti che viveva in misteriosa simbiosi con la foresta mobile.
I Ree'hd erano corridori veloci. Le loro pseudo-gambe erano lunghe ed elastiche (e lo diventavano ancora di più nelle stagioni calde), e i tessuti che facevano le funzioni di muscoli erano perfetti: potenti e in grado di sostenere lo sforzo per giorni e giorni.
Quando un Ree'hd dava la caccia a un animale, non si limitava a un attacco improvviso, o riusciva o non riusciva, ma dava la caccia all'animale per giorni, correndo praticamente tutto il tempo, senza assumere acqua né cibo, senza funzioni coscienti, una chiusura totale dei sistemi, a parte il fatto della caccia.
Era tremendo, e insieme affascinante.
Il pensiero della fauna del Mondo di Ree'hd indirizzò inevitabilmente i pensieri di Kristina verso Robert Zeitman, il suo ex marito. In quel momento doveva essere in orbita, immaginava; forse stava scrutando la superficie del pianeta con un telescopio... forse stava perfino guardandola, mentre sedeva accanto al fiume, tremante.
Quando Zeitman era stato sul pianeta, si era interessato appassionatamente alla biosfera del Mondo di Ree'hd, convinto che ci fosse qualcosa di completamente squilibrato in quello che vedeva intorno a sé. Lui e Kristina avevano esaminato ogni animale che erano riusciti a catturare, ed era stato durante una delle loro battute che Kristina per la prima volta aveva cominciato a interessarsi di Urak (allora un Ree'hd di basso stato) e lui di lei. Zeitman aveva chiesto a Urak di farsi esaminare e con lui avevano discusso l'impossibile realtà di una razza semiumanoide completamente distinta dalla razza umana terrestre.
Era ancora incredibile, per Kristina, che malgrado Zeitman fosse stato lontano parecchi anni, soltanto negli ultimi giorni lei e Urak avessero raggiunto una comprensione emotiva, che aveva portato il Ree'hd a prenderla come "amante". Era stato tempo sprecato, ma Urak si era solo comportato secondo le regole. L'interesse era stato presente per un anno, ma Urak aveva già preso la sua compagna annuale, e non avrebbe distrutto quell'anima Ree'hd abbandonandola (avrebbe dovuto essere lui a lasciarla, dal momento che non era il dominante della relazione di coppia, a quell'epoca). Al momento del cambiamento, quattro giorni prima, Kristina era diventata la compagna annuale di Urak invece di Reems'gaa: una scelta disapprovata da molti abitanti del villaggio, ma nessuno aveva il diritto di discutere con il Primo del Cunicolo.
Il fatto che fosse Reems'gaa quella che lei aveva spodestato era una sfortunata coincidenza. Sei anni prima Robert Zeitman, indagando in maniera avventata, aveva involontariamente provocato la perdita del piccolo di Reems'gaa e la possibilità di averne altri. Questo non aveva influito sulla sua posizione nella comunità, ma era stato un duro colpo per la femmina Ree'hd. Kristina, sei anni dopo, gettava sale sulla ferita.
Venne riscossa dai suoi pensieri da qualcuno che le toccava il braccio. Urak stava indicando qualche cosa in cielo, e alzando gli occhi Kristina vide uno skimmer che passava sopra le loro teste.
Un momento di ansia, poi il battito del suo cuore lentamente tornò normale. Sapeva che Zeitman doveva essere su quel velivolo, e che certamente era irritato per il fatto che lei non gli fosse venuta incontro alla base. Ma Kristina sapeva che se ci fosse andata sarebbe stata fredda, incapace di simpatia, e questo avrebbe reso insopportabile l'incontro.
"Mi dispiace, Robert" pensò mentre lo skimmer svaniva.
Il canto proseguì, anche se la comunità stava già cominciando a disperdersi. Il vento era diminuito di intensità, ma era altrettanto freddo, e Kristina si strinse il mantello attorno alle spalle. Guardò le file di indigeni, alcuni che si dondolavano leggermente, mentre le loro preghiere e le loro paure venivano offerte ai resti dei san-hat-rhine.
Con un sobbalzo, vide un terrestre seduto sulla riva opposta che la guardava. C'erano molti Ree'hd dall'altra parte del fiume, dal momento che i cunicoli della comunità si stendevano sotto il letto del fiume, attraverso la solida roccia. I Ree'hd erano grandi scavatori, e durante la loro "adolescenza", prima che le loro estremità si differenziassero in appendici sensibili, avevano delle mani dure, simili a pale, che permettevano facilmente di scavare il suolo compatto e la roccia friabile di quella parte del continente.
L'uomo che sedeva fra gli indigeni la stava guardando, ma c'era qualcosa di strano nella maniera con cui la guardava, qualcosa di... cieco. Forse un sesto senso, forse il ricordo di altri uomini ciechi, le fece capire subito che tale era lo sconosciuto, e mentre pensava questo, lo vide sollevare una mano in segno di saluto.
Rispose al saluto. Poteva vederla? Indicò verso di lui, e gli fece segno che doveva attraversare il fiume e venire a sedere accanto a lei.
L'uomo dall'altra parte del fiume scosse la testa.
Kristina si sentiva a disagio. Ma il suo disagio era nulla a paragone dell'agitazione di Urak. Il canto mattutino stava morendo lentamente, e parecchi Ree hd cominciavano a dimostrare il loro interesse per il cieco. Non era mai stato alla comunità prima, e Kristina non ricordava di averlo mai visto a Terming; non c'era alcun segno di uno skimmer o 'i un altro mezzo con cui avesse potuto arrivare alla comunità. — Lo conosci? — chiese a Urak, immaginando che l'uomo significasse qualcosa per il Ree'hd.
— No — disse Urak. — Chi è? — Urak era teso, e Kristina non riusciva a immaginare perché. Disse: — Non lo so. Non l'ho mai visto prima. Perché ti rende così nervoso?
— Mi riempie di inquietudine — disse il Ree'hd, piegandosi in avanti e fissando la riva opposta. — C'è qualcosa in lui...
— Non può andare lontano — disse Kristina. — Finisci il canto, e gli parleremo.
Ma Urak non riusciva a finire il suo canto. Rimase seduto fissando l'uomo con quattro occhi immobili, che avevano perduto la loro lucentezza con il crescere della tensione. Attorno a Kristina il canto svanì, e i Ree'hd cominciarono ad abbandonare il ripido pendio per tornare ai loro cunicoli.
La cortina di nubi era diventata spessa e opprimente, e il vento aveva cambiato carattere: non più un'entità magica, quasi senziente, che soffiava in una sola direzione, ma un susseguirsi scherzoso di folate e mulinelli: il tipo di vento iurante il quale i corpi dei bambini morti venivano offerti al fiume.
Era l'inizio della primavera, e le acque impetuose del fiume erano l'anima di una nuova stagione; il loro monotono rumore era la preghiera del mondo, mentre il ciclo della natura riprendeva a ruotare.
Urak parve superare la sua ansia, e si alzò per seguire il flusso dei Ree'hd verso i cunicoli e i molteplici lavori di riparazione resi necessari dall'allagamento. — Hai intenzione di andare in città? — le chiese. C'era nell'aria un senso di allegria, di armonia.
Kristina rimase seduta, guardando l'uomo davanti a lei. Quando Urak parlò, alzò lo sguardo. — No... no, rimango qui un po'.
Il tocco di Urak sul suo viso fu gentile e rassicurante. Nella sua lingua disse: — Non rimandare quello che potrebbe essere un incontro piacevole. Quattro anni sono tanti per una separazione. Può essere cambiato.
Kristina ne era consapevole. — Lo so, Urak. Ma è proprio di questo che ho paura. Anch'io sono cambiata... e non nella maniera giusta per ritrovare un'armonia con Robert. — Scosse la testa. Urak si allontanò, ma non essendosene accorta, Kristina continuò a parlare. — Sarà un incontro tremendo. Posso già immaginare i suoi occhi... pieni di disperazione, di bisogno. E io cosa posso dire? Soltanto: "Ciao... non è restato niente, Robert. Niente per noi due, perciò scordati le tue speranze romantiche. Fatti gli affari tuoi, e lasciami in pace".
L'uomo sulla riva opposta la guardava. Sembrava preoccupato. Kristina si rese conto che Urak se n'era andato, e che lei sedeva sola sulla riva. Aveva freddo. Attraverso uno squarcio delle nuvole vide un frammento del disco rossastro del sole. Lo guardò e pensò al piccolo sole della Terra, e a quanto grande fosse al confronto quello del Mondo di Ree'hd. In lontananza poteva vedere gli accumulatori a energia sopra Terming, e poteva immaginare l'insopportabile trambusto del traffico umano, e la violenza che perpetravano contro la cultura Ree'hd, irradiandosi dai vecchi cunicoli dove avevano posto la loro prima installazione.
Kristina si vergognava di essere rosea, grassa e bipede. Avrebbe voluto essere un pesce... un pesce argenteo che sfrecciava contro corrente, sfidando quasi chi lo guardava ad afferrarlo.
— Non sia triste, non c'è ragione.
Era seduto accanto a lei, e per un secondo la sua mente non riuscì ad accettare il fatto. — Come... come ha fatto ad arrivare qui così in fretta?
Il cieco rise. — Sono veloce. Non se ne dia pensiero. Si concentri a essere allegra.
Stupita dalla sua immediatezza, Kristina fissò il cieco, che voltò la testa per guardarla a sua volta, con incredibile precisione. Era molto vecchio, questo era ovvio... eppure c'era qualcosa di giovanile in lui. Indossava abiti di taglio antico, di pelle crepata e opaca per l'uso. Non indossava alcuna armatura, e avrebbe dovuto gelare, ma sembrava trovare il clima di suo gradimento. Guardandolo in viso, Kristina avvertì un grande calore, un forte senso dell'umorismo. Ma guardandogli gli occhi, provò un brivido: erano bianchi, completamente bianchi, con sottili capillari che tracciavano i bordi di ciascuna orbita.
Quando mosse la mano, la sua testa seguì il movimento; anche se i suoi occhi non incontravano mai i suoi, certamente era in grado di vedere quello che lei stava facendo. Sembrava divertirsi, in silenzio, per la perplessità che suscitava in lei.
Dopo un momento, Kristina disse: — Scusi se la fisso, ma credevo... credevo che fosse cieco. — Lo scrutò, come se la risposta al paradosso fosse scritta nelle pieghe del suo viso.
— Mi chiamo Kevin Maguire. E sì, sono cieco. Ma ho degli altri sensi, e posso visualizzarla con sufficiente chiarezza.
— Davvero? E come? Non conosco nessun umano che possa farlo. A proposito, io mi chiamo Kristina Schriock.
Maguire annuì. — Sì, lo so... ho appena lasciato suo marito su uno skimmer in volo per Terming... — Kristina non voleva neppure pensarci. Era saltato giù, allora? — E lei ha ragione. Non ci sono umani che possano fare quello che faccio io. — Fece un largo sorriso. — Io sono unico. Ma per cambiare argomento: mi sorprende che il mio nome non le abbia fatto suonare un campanello in testa. Oppure questo mondo mi ha già dimenticato?
Kristina meditò un momento, fissando perplessa l'uomo sorridente accanto a lei. Kevin Maguire. Ripeté il nome fra sé, e cercò di ricordare i suoi primi anni sul Mondo di Ree'hd. C'era in effetti qualcosa di familiare nel nome, ma non nell'uomo al suo fianco. Sembrava quasi troppo rilassato per essere uno di Terming. In ogni caso, cosa avrebbe potuto fare un cieco in una installazione circoscritta? Non poteva essere di alcuna utilità.
D'improvviso si ricordò. — Kevin Maguire... l'uomo che ha lasciato la registrazione sui Pianhmar.
Maguire sorrise. — Una registrazione di ricerca e scoperta. Una registrazione di sentimenti, di viaggi, di eccitazione, di tristezza. Ho messo tutto in quel piccolo nastro.
— Il nastro non parla di un effettivo contatto. Alcuni credono che la registrazione sia incompleta. La maggior parte crede che sia solo la registrazione di un fallimento.
— Fallimento? — Maguire parve sconvolto. — Fallimento — ripeté. — Non capisco perché qualcuno... — D'improvviso si arrabbiò. — Ho fornito alla Terra i particolari del primo contatto con una intelligenza superiore alla nostra... Ho dato ai Ree'hd un resoconto della morte del mio amico, del loro fratello, Hans-ree... Avevo lasciato tutto ai piedi delle montagne prima di andare... Quale fallimento? Credevano che mentissi?
— Chi era Hans-ree?
— Un buon Ree'hd — disse Maguire. — Un ottimo Ree'hd. È stata la mia guida fra le montagne. A quei tempi, lei capisce, ero davvero cieco. Mi portò fin dove osava, e quando lo pregai di portarmi oltre, fino alla prima catena, acconsentì. Gli costò la vita, e io lo seppellii, e cantai perfino un canto per lui, e spero che sia stato sufficiente... Era un buon Ree'hd. Gli indigeni credono che abbia mentito anche su questo?
Un'improvvisa amarezza si era insinuata nella sua voce, e Kristina si chiese come poteva fare ammenda per un improvviso scherzo del destino che aveva negato alle generazioni del Mondo di Ree'hd la conoscenza delle attività di Maguire. Decise che la sincerità era la via migliore. — Il nastro era solo uno spezzone, recuperato fra i frammenti del registratore. Terminava prima che venissero forniti particolari sul contatto; le ultime parole erano un sussurro, in cui lei diceva di ritenere di essere osservato da esseri che potevano essere Pianhmar...
Maguire era sprofondato nel silenzio. Pareva a Kristina che stesse meditando su una perdita che non era colpa di nessuno.
— Non sia triste — disse Kristina. — Non c'è ragione.
Maguire le gettò un'occhiata, e i suoi occhi ciechi parvero brillare di nuovo. Fece una risata e le diede una manata sul ginocchio. Fu allora che Kristina ricordò quando era avvenuto il supposto primo contatto di Maguire. Irritata per essere stata presa in giro, disse: — Lei non può essere Kevin Maguire! Lui è morto settecento anni fa. Lei è un fottuto impostore!
— Aspetti — disse Maguire, allungando una mano per fermare Kristina che stava alzandosi per andarsene. — Come sarebbe a dire che è morto?
— Come può essere vivo? La durata della vita umana sul Mondo di Ree'hd è ridotta a 170 anni, perciò Maguire non può essere vissuto oltre il 24° secolo.
— Me io le dico che sono Maguire, e sono l'uomo che ha lasciato quella registrazione. Sono il primo uomo ad aver preso contatto con i Pianhmar, checché se ne dica. Sono stato via, e adesso sono tornato.
— Si aspetta che io le creda? Che creda che lei abbia... quanti, settecento anni?
— Sono vecchio — disse Maguire semplicemente. — Troppo vecchio forse. — Alzò le spalle. — In ogni caso, lei parte da un assunto sbagliato.
— E cioè?
— Cioè che io sia umano. Che se i mei occhi sono ciechi non posso vedere, che se la mia età supera quella di una quercia, allora dovrei essere due metri sotto terra.
Kristina si chiese, per un momento, cosa fosse una "quercia"; poi lasciò perdere, e disse: — Be', lei è umano. Si vede.
Maguire distolse lo sguardo. Indicò le basse colline che si alzavano fra la comunità e la città di Terming. — Quando ascoltai per la prima volta il mondo intorno ai cunicoli dei Ree'hd, sa cosa pensai? E non dimentichi che allora ero cieco davvero. Pensai alla Terra.
— Ci sono stata, in vacanza, e mi è sembrata molto sporca.
— Be'... possono essere successe tante cose in tutti questi secoli. Ma mi creda, il Mondo di Ree'hd è molto simile alla Terra, per tanti aspetti. Alla Terra come l'ho conosciuta io, almeno. Guardando quelle colline — indicò la Porta dell'Inferno — sa cosa vedo? Vedo azzurri profondi, marroni cangianti, vegetazione verde smeraldo. Vedo alberi color porpora che vagano nel paese, e formazioni affioranti di cristalli di sodio. Vedo un mondo che potrei facilmente credere la Terra, ma non lo è. Lei e io e tutti quanti sul pianeta possiamo avvertire facilmente l'alienità di questo luogo. Se prendesse una fotografia in bianco e nero, non riuscirebbe a convincere un bambino che questo sia il singolo mondo di un sole di classe K2, che si trova quasi esattamente dalla parte opposta della Galassia rispetto alla Terra. Direbbe che è la Terra. Ma se ci sta seduta un po' sopra, e assorbe le sensazioni, diventa sinistro. Il Mondo di Ree'hd è così diverso dalla Terra che ci vogliono anni per abituarsi. Ma lei probabilmente lo sa già.
— Sì. — Kristina avvertiva questa alienità, in quel momento. Come l'aveva sentita durante quei primi lunghi mesi su quel mondo, tanti anni prima, appena giunta dal mondo terraformato di Kruzus B. Era una sensazione che non si poteva esprimere a parole... era forse una combinazione di sensazioni. Una natura, intorno, a cui lei non apparteneva... la consapevolezza del sole alieno e di due lune che sferzavano i mari e la vegetazione in frenetici spasimi di attività. La fauna che si adattava a tutte le nicchie prevedibili, eppure non corrispondeva ad alcuno schema evolutivo conosciuto dall'uomo. Animali ostili che temevano cose al di fuori della loro esperienza... un pianeta dove l'aria non era mai stata conquistata, ma dove gli oceani contenevano una biomassa così gigantesca e varia, che aveva fatto impazzire il computer catalogatore.
Kristina sapeva cosa voleva dire il cieco. Il Mondo di Ree'hd era alieno a un livello emotivo, e si rese conto, mentre sperimentava di nuovo questa alienità, che probabilmente non sarebbe mai riuscita a scuotersela di dosso; a meno che... a meno che non riuscisse a diventare una Ree'hd nello spirito, se non nel corpo.
Come umana, dopo quindici anni, aveva imparato ad adattarsi all'ambiente, e sentiva la natura del Mondo di Ree'hd appena un poco più vicina.
Maguire disse: — Allo stesso modo, io posso sembrare umano, ma sono più che umano e meno che umano. Ho perso il mio diritto all'umanità. Ma ho guadagnato la vista.
Kristina non sapeva bene cosa pensare. Si abbracciò le ginocchia e guardò gli skipjack saltare dalla superficie del fiume, nel tentativo di afferrare spore vaganti. Anche Maguire sembrava guardarli, e per un po' i due rimasero in silenzio.
Come poteva accettare che quell'uomo fosse lo stesso che era entrato nei libri di storia come l'ultimo a cercare un contatto con i Pianhmar, l'uomo che, stando alle sue stesse parole, era stato il primo e l'ultimo a contattarli effettivamente? Era in ritardo di seicento anni, perché la sua storia potesse essere accettata senza incredulità. Ma la vita poteva essere sospesa, no? E se il fattore tempo poteva essere spiegato, allora che ne restava delle sue obiezioni? Lei credeva nei Pianhmar come un fatto, non un mito. E per quanto incompleta fosse la registrazione di Maguire, accennava chiaramente al fatto che un contatto era stato stabilito.
Kristina guardò l'uomo. — Se lei è Maguire, e ha preso contatto con i Pianhmar — Maguire annuì, come se prevedesse la domanda — allora dove sono?
— Se ne sono andati — rispose lui, come se fosse la cosa più ovvia. — Erano quasi andati del tutto quando li ho contattati io. Ho scoperto i resti della loro razza, e loro mi hanno accolto nel loro seno.
— Lei, ma nessun altro che ci avesse provato prima...
— Ero cieco, rammenta? Nessuno di quelli che ci avevano provato prima di me era cieco, e i Pianhmar li hanno uccisi. Era importante per loro, nello stato in cui erano, che nessuna creatura senziente li vedesse. Ma un cieco... era diverso. E alla fine entrò anche nella testa anche dei burocrati della tendopoli (a quell'epoca Terming non era niente di più; vedo che adesso è cresciuta) che l'unica maniera per entrare in contatto con la razza favolosa era di usare un uomo che non potesse vedere.
"Mi fecero venire dalla Terra con questo scopo. Lo sapeva? Fin dalla Terra."
Kristina disse: — Nessun resto dei corpi, niente tombe, niente città, rovine, tracce... solo un mito. Non fa proprio pensare a una grande razza, una razza che si dice abbia conquistato la Galassia prima ancora che l'uomo si evolvesse sulla Terra.
— Loro si erano evoluti al di là di queste cose. Come ha detto, i Pianhmar avevano vissuto sul Mondo di Ree'hd per molti millenni. Alla fine, non so quanto tempo fa, è iniziato il lungo processo di decadenza, di involuzione. Il loro ciclo era finito. Il tempo aveva coperto le loro tracce, e io li ho afferrati nei loro ultimi momenti.
— E di essi non esiste più neppure un atomo, ora?
— Al contrario. — Maguire rise. — Ci sono parecchi atomi ancora in giro. E molte tracce. Ci sono perfino alcuni Pianhmar, immagino, se uno sa dove cercare. Non ne sono sicuro.
— Dov'è stato da allora? Dove ha trascorso questi seicento anni?
Maguire parve meditare sulla domanda. — Insieme a loro. Mi sono mosso con loro, ho visto e guardato con loro, ho fatto esperienza con loro.
— Sul Mondo di Ree'hd?
— All'inizio sì. Dopo... dappertutto. Sono appena tornato. Sono stato lontano molto tempo.
— Ma lei sembra sapere già cosa sta succedendo qui.
Maguire scosse la testa. — Non è vero. Non sono ancora ben sintonizzato con il posto. — Sorrise. — Vedrà cosa intendo.
Si alzò, e anche Kristina si alzò, e lo guardò mentre lui si guardava intorno. Alcuni Ree'hd adolescenti li fissavano dai loro cunicoli. Kristina vide un grosso gruppo di Ree'hd in marcia... presumibilmente per una caccia.
Maguire disse: — Quando hanno stabilito questa comunità i Ree'hd? Non è un po' vicino ai cunicoli laggiù? — Indicò verso Terming. Sembrò a Kristina che si stesse rendendo conto di un fatto che non aveva notato in precedenza.
Gli spiegò: — La città di Terming si trova adesso sopra i vecchi cunicoli. I Ree'hd si sono trasferiti qui secoli fa, quelli che non hanno voluto integrarsi.
Maguire rimase sconvolto e con il viso in direzione della città, che poteva essere vista come un luccichio di antenne e di piloni estremamente flessibili in grado di resistere ai venti. — Vuole dire... vuole dire che ci sono dei Ree'hd che vivono in città? Che cosa stupida... che cosa...
Kristina lo guardò, confusa. — Stupida? Perché?
— Non c'è da meravigliarsi se sono tornati.
Cominciò a camminare lungo la riva del fiume, dirigendosi verso la terra dove aveva vissuto un tempo. Kristina lo guardò allontanarsi, finché non fu che una figura marrone che si muoveva sul fianco della prima collina; poi tornò nel suo cunicolo, da Urak.
3
La città di Terming, così chiamata dal suo primo Governatore, era duecentosessantasette chilometri quadrati di angolosità costruita, attorno a unfiume, cne nascondeva sotto di sé gli antichi cunicoli dei Ree'hd che un tempo avevano vissuto in quella zona. In nessun punto della città esisteva un edificio più alto di settanta metri. Anche con le barriere che gli abitanti della città avevano eretto, il vento del mattino era troppo forte per permettere altezze più elevate.
Zeitman si era sistemato nei dormitori militari, e non aveva alcun panorama da contemplare. Dalla finestra est poteva guardare a suo piacimento un muro liscio fatto di verdi mattoni in styrocon. Da quella nord, si offriva alla sua vista una lunga strada senza curve, piena di detriti portati dal vento e di Ree'hd che vagavano. Vedendo i Ree'hd cittadini per la prima volta da quattro anni, Zeitman provò una certa compassione. Sembravano tutti ubriachi, ma questo era solo un sintomo della loro malattia. Vivendo sotto l'ala della razza umana, i Ree'hd si ammalavano sempre; il loro "sangue" si indeboliva, perdevano peso e coordinazione, i loro processi mentali si deterioravano. Andavano bene, in questo stadio, per molti lavori ripetitivi, e, com'era prevedibile, venivano impietosamente sfruttati. Tuttavia, dal momento che la loro malattia non veniva registrata se non come ubriachezza e affaticamento, e dal momento che le droghe e i vantaggi sociali che derivavano dal vivere a Terming erano attraenti e seducenti, la popolazione Ree'hd della città era enorme. E molti di loro avevano raggiunto posizioni di potere ed erano in grado a loro volta di sfruttare impietosamente degli umani.
Zeitman pensava che tutta la faccenda fosse piuttosto disgustosa, ma non poteva farci niente.
Verso mezzogiorno disfece la valigia, pensierosamente, e riempì due dei sei armadi a muro; trovò un guardaroba completo di abiti militari e da viaggio in uno di essi. Le uniformi erano quelle con ampie brache e giacca lunga di un maggiore del Corpo di Collegamento, secondo il biglietto che aveva trovato spillato su uno di essi. Zeitman sorrise, in parte per lo scherzo di Erlam (oppure esisteva davvero un Corpo di Collegamento?), in parte per la tradizione che voleva che ciascun membro del personale permanente di Terming avesse un rango militare arbitrario. Provava, tuttavia, una sorta di orgoglio ipocrita. L'ultima volta che era stato lì, gli era stato accreditato il rango di semplice capitano.
Aveva fatto carriera.
Si tolse l'armatura e l'abito grigio della nave, e trascorse qualche minuto a schiacciarsi i brufoli bianchi che inevitabilmente lo ricoprivano dopo un periodo trascorso nello spazio. La causa di questi era un mistero e ci teneva a non mostrarsi in quelle condizioni.
Fece una doccia con l'acqua amara del Mondo di Ree'hd, e si chiese come l'avrebbe presa Susanna. La città non si dava la pena di estrarre l'eccesso di ferro e di sali di potassio presenti nell'acqua, dal momento che ogni essere umano su un mondo coloniale aveva un'unità di biostasi inserita nel corpo, in grado di controllare quello che entrava in esso e di liberarsi delle sostanze in eccesso... Con l'eccezione dell'alcol e di qualche altra molecola organica, cosa di cui molti cittadini erano felici. Susanna, essendo emigrante di nona generazione, probabilmente non disponeva di questa protezione, e avrebbe avuto il piacere di farsi installare un'unità.
Dopo la doccia, prese la più colorata delle uniformi e controllò il suo aspetto nel narcisistico specchio che apparve schiacciando un bottone.
Dietro lo specchio, Zeitman avrebbe scommesso la paga di un anno che degli occhi robot lo fissavano senza interesse. Non che gli importasse molto. A parte i brufoli, era presentabile e non aveva l'abitudine di comportarsi male in privato.
Sulla parete, proprio accanto allo specchio, un pannello si aprì con un rumore secco e uno schermo per messaggi si accese. Zeitman lesse le parole con interesse e una certa eccitazione. Poi sorrise e fece cenno allo schermo di spegnersi. Non aveva bisogno di una copia di ciò che aveva letto.
Lei stava andando a trovarlo. Voleva dire (poteva voler dire) che il fatto di non essergli venuta incontro era stato un errore da parte di lei?
Una voce di donna parlò dal nulla: — Per favore, inserisca il suo vone... Per favore, inserisca il suo vone...
— Scusi? Oh, sì... — Zeitman trovò il vone e inserì la striscia di contatto nella piastra accanto alla stretta cuccetta. Immediatamente il minuscolo schermo si riempì di righe, poi la faccia di un uomo lo guardò. Zeitman si aspettava forse un sorriso, ma l'uomo era solenne, e questo gli diede un brivido.
— Bentornato, Robert. Abbiamo un sacco di cose di cui parlare, e dobbiamo parlarne adesso. Hai visto tua moglie?
Esplicito, impersonale, indifferente ai sentimenti... mio Dio, pensò Zeitman. Non era cambiato. Daniel Erlam, uno dei Padri della Città, direttore del Dipartimento della Cultura e dell'Ambiente. Un uomo gonfio, sovrappeso, che si avvicinava al secolo di vita, ma con i desideri sessuali di un uomo di quarant'anni, il tasso di successo di uno studente universitario, e l'invidiabile posizione di essere l'unico uomo a conoscenza di Zeitman capace di ispirare una paura totale e un rispetto totale nel novantanove per cento delle persone con cui entrava in contatto.
Zeitman lo adorava.
— Salve, Dan. Sembri ingrassato di centocinquanta chili da quando me ne sono andato.
Questa volta Erlam sorrise, ma senza molto calore.
— Li ho messi su nelle ultime settimane, Robert. Le preoccupazioni, e ti puoi immaginare a che riguardo... E a proposito di questo: è un segreto, d'accordo? Siamo solo te, io e un altro paio di persone in posti chiave di Terming ad avere un'idea della situazione, perciò tieni la bocca chiusa, d'accordo? E per inciso, cosa ne è stato del cieco che hai portato illegalmente con te?
— È una storia lunga. Te la racconterò dopo.
— Lo spero bene. Sai bene cosa significa fare atterrare persone non autorizzate sul Mondo di Ree'hd, e quell'uomo non aveva alcuna autorizzazione.
— Ha cercato di lavorarmi mentre eravamo in orbita.
— E non sa niente?
Zeitman si sentì disturbato dalle maniere brusche di Erlam. Non gli era mai capitato, prima. — Non credo. Ma il pilota della navetta aveva sentito delle voci, e ce le ha riferite. Perciò l'informazione è filtrata.
— Che sia filtrata in orbita non ha nessuna importanza... non per il Mondo di Ree'hd. È l'installazione che mi preoccupa. Per questo abbiamo bloccato tutti gli atterraggi, e rispediamo la gente a casa non appena il loro lavoro qui è finito. Hai dei progetti immediati?
Zeitman decise di non fare menzione del messaggio di Kristina. — Vuoi dire per la prossima ora?
— O le prossime due o tre.
Zeitman scosse la testa. L'immagine di Erlam fece un sorriso acido. — Quando intendi rivedere Kristina?
— Non sono affari tuoi. Come va la tua vita sessuale?
— A rotoli. Ho intercettato il messaggio, Robert... devi incontrarla nei cunicoli, al tramonto. Ti consiglio di pensarci due volte. I cunicoli di notte sono chiusi, per ragioni che capirai ben presto. Ascolta, parla con Kristina... posso darti il contatto skimmer da cui ha chiamato. Dille di incontrarti da qualche altra parte.
Zeitman rifiutò, infastidito dal fatto che Erlam avesse spiato. — I cunicoli hanno un significato speciale, Dan.
— Spiegami.
— Non posso. Non ancora. È personale.
Erlam imprecò sotto voce. — Mi sorprende, quella maledetta donna. Sa benissimo i guai che abbiamo avuto con i cunicoli. Cosa crede di fare? — Scosse la testa.
Zeitman sorrise, mentre guardava le espressioni susseguirsi sulla faccia da luna piena di Erlam. — Vuoi che venga subito da te?
— Esatto — disse Erlam. — Ma credo che faresti meglio a scambiare due chiacchiere con Harry Kawashima prima... È quello che ha preso il tuo posto quando te ne sei andato; lavora nello stesso posto. Ti metterà al corrente dei problemi con i Rundii. Le cose stanno cambiando molto in fretta, Robert. Ci vediamo più tardi. — E interruppe la comunicazione, lasciando Zeitman scosso e perplesso. Erlam raramente era così brusco... almeno non lo era stato quando l'aveva conosciuto Zeitman.
Aveva sperato che gli mandasse qualche mezzo di trasporto, ma così non era. Perciò poteva solo avviarsi a piedi, sperando di trovare un taxi.
Zeitman uscì dal dormitorio, e affrontò l'atmosfera del Mondo di Ree'hd. Si sentiva rinfrescato, pulito, un po' più umano di quanto si fosse sentito durante il lungo viaggio nello spazio.
L'aria era pungente. Gli elementi presenti nell'atmosfera avevano diversi effetti a seconda dei soggetti. Susanna, quando avevano camminato per la prima volta all'aria aperta, aveva detto che l'odore era dolce. Per Zeitman... un lezzo di zolfo, di cloro, appena una traccia, non di più. Non era una cosa spiacevole. Nessuno dei due elementi era presente in realtà. Era l'odore di casa.
La caserma, osservò Zeitman mentre si avviava verso il centro della città, era più grande e più pulita dell'ultima volta che l'aveva vista. Comprendeva adesso una ventina di file parallele di dormitori, intervallate da blocchi più piccoli di camere individuali, simili a quella che adesso occupava Zeitman. I blocchi amministrativi e la mensa sorgevano da una parte, accanto ai dormitori; la bandiera del Mondo di Ree'hd, a strisce arancione e rosse, con il numero in codice del mondo ricamato in argento a grandi lettere gotiche, sventolava sotto il vessillo più grande del Settore Federale: bianco con il simbolo della Federazione (sei stelle disposte a triangolo) in rosso nell'angolo sinistro in alto.
Un taxi a cuscino d'aria si fermò accanto a lui e un vecchio Ree'hd male in arnese si sporse. Le labbra del canto si allargarono in un sorriso completamente innaturale. — Serve un passaggio? — chiese in interLing imperfetto.
Zeitman accettò, felice. — Il Dipartimento di Scienze Comportamentali; nel quartiere est.
— Lo so — disse il Ree'hd, il sorriso che non gli lasciava mai le labbra, mentre guardava Zeitman. — Dieci minuti percorrendo la circonvallazione, oppure mezz'ora attraverso il centro, che è un giro panoramico.
— La circonvallazione. Ne ho visti abbastanza di turisti, per un po'.
Il taxi sfrecciò via; era un veicolo piccolo e scomodo, dotato di una quasi tangibile carica letale grazie alla guida tremenda del Ree'hd. Zeitman rimase teso e infelice per tutto il tragitto e fu un sollievo veder ripartire il taxi dietro pagamento di una banconota da dieci crediti (dieci volte la tariffa).
Si informò alla portineria dell'edificio a tre piani, in mattoni bianchi, e gli fu detto che Kawashima era andato in città, in una sensocupola; ripartì alla ricerca del giapponese, senza recarsi nel suo laboratorio, a rivedere i tecnici e il personale che aveva conosciuto un tempo.
Era, immaginò, un sintomo ulteriore dell'insicurezza che lo attanagliava sempre più in quei giorni. Un senso di tristezza al pensiero di aver perso quattro anni di attività scientifica, nei laboratori bene attrezzati. L'avrebbe depresso addentrarsi ulteriormente nell'edificio.
Il viaggio con il secondo taxi fu quasi altrettanto brutto quanto il primo. L'autista Ree'hd era più giovane e sveglio, non ancora irrimediabilmente contagiato dai rigori e dall'alienità della vita umana, ed era un autista migliore del primo, ma meno responsabile. Trasportò Zeitman a una velocità da far rizzare i capelli attraverso alcuni dei quartieri più sporchi del settore est e infine nel centro illuminato e affollato.
Passando accanto all'agenzia di noleggio, Zeitman interruppe il viaggio per prenotare uno dei veicoli aeromobili a forma di foglia che costituivano una parte altrettanto importante della vita sul Mondo di Ree'hd quanto l'abitudine al vento. Ci sarebbero voluti due giorni prima che la pratica fosse sbrigata (Erlam ancora una volta non era stato efficiente, nel provvedere in anticipo alla cosa) e fino a quel momento Zeitman avrebbe dovuto usare uno skimmer militare, rumoroso e armato, una cosa che non approvava. Anche lui era armato (un vaze Kiljarold tipo B), ma più come protezione contro altri umani che contro i Ree'hd. Opposta era la filosofia nell'armamento degli skimmer militari.
Quando il taxi arrivò a un chilometro e mezzo dal posto dove si trovava Kawashima, il traffico si era ormai ridotto a marciare a passo d'uomo, a causa della pressione dei turisti sulla strada. Era traffico soltanto umano, naturalmente; le uniche facce Ree'hd che Zeitman vedeva erano quelle che lo guardavano dai chioschi o dalle agenzie turistiche.
Tutti quanti erano imbacuccati per il freddo, benché la giornata fosse arrivata alla metà delle sue 28 ore, ma la sensazione che Zeitman percepiva era di eccitazione e piacere. Terming era evidentemente un posto attivo come sempre.
La sensocupola era una delle due che offrivano un misto di erotismo umano e Ree'hd. Come tale, era qualcosa al di fuori dell'esperienza di Zeitman; durante la sua precedente permanenza sul Mondo di Ree'hd aveva trascorso molto tempo nei locali puramente umani, dai ristoranti che comprendevano lo strip-tease nel menu, alle sale di droghe e neuro-stim, dove si potevano trovare delizie di ogni genere, ma non aveva mai avuto alcuna inclinazione ad assistere alla degradazione dei Ree'hd di città in quei locali che secondo le apparenze si rivolgevano a entrambe le razze.
L'ingresso al complesso di stanze e locali gli costò altri cento crediti, ma una volta entrato poteva fare ciò che credeva; tutto ciò che era disponibile era suo, per un'ora o due ore, se pagava altri cinquanta crediti.
Si trattenne un po' nella sezione dei media, osservando elaborate rappresentazioni di perversione umana, tutte piuttosto estetiche ed eccitanti. Proseguì e assisté a uno spettacolo di copule miste, un montaggio dinamico di maschi umani e femmine Ree'hd, una sequenza di azioni eseguite con lentezza che pareva quasi comica a Zeitman... e tuttavia il pubblico era folto, e guardava rapito! Era il fenomeno dell'uomo nudo a cavallo, pensò fra sé Zeitman, con un sorriso mentale. Ma nessuna giumenta chiazzata di grigio era mai sembrata tanto indifferente quanto le Ree'hd. I maschi Ree'hd, poi, che fingevano di stuprare pettorute femmine umane, avevano la loro attenzione concentrata su tutto tranne che su quello che stavano facendo.
E il pubblico, notò Zeitman, era quasi totalmente umano, in pari misura maschile e femminile. Quegli spettacoli carnali erano molto lontani dal senso Ree'hd dell'erotismo... un interessante gioco di venti poteva essere l'idea Ree'hd del piacere, ma ogni motivazione sessuale si perdeva prima dell'età adulta.
Zeitman seguì alcuni maschi umani nel bordello, costituito da una serie di cubicoli attorno ai palcoscenici dello spogliarello. Alcune porte erano aperte, e maschi e femmine di entrambe le specie lo guardarono mentre passava; soltanto gli umani fecero qualche sforzo per attirarlo.
Alla fine trovò Kawashima, e si sedette nella penombra, in attesa che il viaggio neuro-stim dell'uomo finisse.
Kawashima era un giapponese piccolo e grasso... in effetti un incrocio fra giapponese e centauriano del Continente Nord: gli occhi erano testimonianza della prima razza, le grosse e brutte mani della seconda.
Era seduto a gambe incrociate su una stuoia, interamente vestito, gli occhi aperti che non vedevano; un piccolo disco metallico era appiccicato alla sua fronte, e gli forniva l'esperienza che stava vivendo. Ogni tanto i suoi occhi si chiudevano ed emetteva un lamento di intenso piacere.
Dopo qualche minuto, parve rilassarsi ed ebbe un tremito. Tornò alla coscienza e allungò una mano verso il disco, e insieme vide Zeitman. Esitò, poi si staccò il disco dalla fronte.
— Chi diavolo è lei?
— Mi chiamo Robert Zeitman. Ero...
— Sì, lo so chi era. E lei non sa cos'è la privacy? Dovrei prenderla a sberle per essersi intromesso.
— Mi scusi, ma avevo fretta.
Kawashima si alzò, poi si sedette sul lettino, prese un asciugamano e si asciugò il sudore dal collo. Anche Zeitman si alzò, e si mise di fronte al giapponese corrucciato.
— Questo non la scusa. Ho pagato un sacco di soldi per stare in pace e... e cosa ho avuto? — Parlava con accento inconfondibile, che sembrava contenere elementi di entrambe le culture da cui venivano i suoi genitori: le vocali nasali del dialetto centauriano che dominavano leggermente sull'accentazione orale del giapponese. Kawashima aveva certamente trascorso molto tempo in ciascuna delle patrie dei genitori.
— Se voleva stare in pace, doveva chiudere la porta — disse Zeitman bruscamente. — Che genere era? Umano o Ree'hd?
Kawashima era furioso. — Ehi, Zeitman, mi stia a sentire! — gridò. — A che gioco sta giocando? Arriva qui, mi interrompe, mi rovina tutto! E poi vuole anche spiare! Fretta o no, farà meglio a levarsi dai piedi, finché non avrà imparato le buone maniere.
Zeitman non si mosse. — Erlam ha detto che dovevamo parlare e io intendo parlare. Si dia una calmata. Si è divertito, e adesso torniamo al lavoro, va bene?
Se Kawashima aveva avuto intenzione di ribattere, l'ultima affermazione di Zeitman gli tappò la bocca. Fissò l'altro uomo per un momento, un miscuglio di emozioni sul suo viso; poi si alzò, gettò via l'asciugamano e avanzò verso Zeitman. — Lavoro? Ha detto lavoro? Mi ascolti, signore... quando lei se ne è andato, quattro anni fa, o quello che è, magari non avrà lasciato per sempre il pianeta, ma di sicuro ha lasciato per sempre il suo lavoro. E mi hanno nominato al suo posto, e io non intendo farmelo portare via, è chiaro questo?
— Senta, nessuno vuole...
— Ho detto: è chiaro, Zeitman? Ci ha piantato in asso, adesso sparisca.
— Non voglio il suo lavoro, Kawashima! Vuole stare zitto un momento?
Kawashima fece un sorriso di trionfo, senza allegria. — È chiaro, bene. Allora. Perché diavolo Erlam l'ha mandata qui? — riprese l'asciugamano, e continuò ad asciugarsi il sudore.
— Farò del lavoro sul campo... spero; una semplice opera di collegamento con i Ree'hd.
— Nel qual caso sarà sotto la mia autorità. Spero che Erlam glielo abbia spiegato.
Zeitman, un po' stupito e un po' infastidito, disse di sì, senza insistere sull'argomento. Proseguì: — Mi ha detto di farmi aggiornare da lei. Soltanto i progressi più importanti... mi è sembrato di capire che ce ne siano stati.
Kawashima emise un suono che Zeitman interpretò come un ghigno. — Erlam è un rompiballe! Sì, ci sono stati dei progressi. Le cose stanno cambiando sul Mondo di Ree'hd, Zeitman... in maniera rapida e incomprensibile. Ed è questa la ragione principale per cui Erlam rompe le balle. A lui piace che sia tutto bene in ordine. L'installazione bene in ordine, il mondo bene in ordine; tutto deve seguire una regola. Quello sogna! Altro che il mio viaggio di prima!
— Torniamo al punto — disse Zeitman, irritato per quel disprezzo verso Dan Erlam. — In che modo stanno cambiando le cose?
— Posso solo riferirle quello che abbiamo visto. Le conclusioni verranno dopo. Primo: i Ree'hd si stanno comportando in maniera strana. D'improvviso sono diventati molto irritabili, e stanno preoccupando Erlam. Siamo sul Mondo di Ree'hd da settecento anni, Zeitman, e in tutto questo tempo ci siamo comportati bene: non abbiamo interferito con i Ree'hd, a parte invitarli nella nostra installazione. Tutto, dal punto di vista dei Ree'hd, è restato com'era prima. Ma questo a loro non basta. Vogliono che ce ne andiamo, fino all'ultimo uomo. E questo è un bel cambiamento...
Zeitman era d'accordo. Quattro anni prima aveva visitato le tre comunità più vicine per fare i suoi saluti, e senza eccezione i Primi dei Cunicoli l'avevano invitato a tornare presto. Non c'era stato altro che amicizia nelle loro parole.
Kawashima proseguì, in tono più rilassato: — Uno dei suoi incarichi sarà quello di scoprire la ragione di questo cambiamento. Come ho detto, è un grosso grattacapo per Erlam, perché sta avendo un effetto sull'installazione. Lui e i suoi tirapiedi stanno facendo sforzi sovrumani per tenere nelle fondine i loro mega-vaze.
"Il secondo cambiamento, quello che a me pare il più significativo, riguarda i Rundii. Negli ultimi mesi il loro comportamento è mutato in maniera radicale."
— In che senso?
— Io la chiamerei curiosità. Hanno cominciato a interessarsi alle cose, in particolare alle cose artificiali.
I cunicoli, la città! Adesso Zeitman cominciava a capire il motivo della preoccupazione di Erlam. Lo disse a Kawashima.
— Esatto. Un migliaio di turisti al giorno scendono nei cunicoli. Di più, probabilmente. Ma adesso le escursioni finiscono all'imbrunire. Non voglio dire che i cunicoli siano pieni di Rundii, però li si sente mentre si aggirano; una volta sono arrivati perfino nel museo! Non sono mai stati violenti, naturalmente, non in maniera deliberata, ma creano il panico così facilmente... Ci sono stati dei morti.
Per Zeitman, era impossibile immaginarsi i Rundii come esseri curiosi. Erano animali simili ai Ree'hd, che vagavano in piccoli branchi, senza armi e senza vestiti, senza uno scopo a parte cacciare con la forza bruta. Attaccavano se spaventati (o, come credeva Kristina, quando incontravano qualcosa al di fuori della loro esperienza, una forma di reazione panica), e non uscivano in genere dalle giungle e dalle foreste del continente. Non dimostravano alcun comportamento senziente. E uno sviluppo simile non poteva verificarsi in un batter d'occhio.
— Perché i Rundii dovrebbero impensierire tanto Erlam? Un lancio di pietra può essere sempre evitato, alla luce del giorno, e i cunicoli sono bene illuminati, no? Il semplice fatto che abbiano trovato un nuovo terreno di caccia non significa molto.
Kawashima non era d'accordo, ma non approfondì l'argomento. Infilò invece una mano nella borsa della cintura e ne estrasse un piccolo rettangolo di vetro che passò a Zeitman. Era una forma primitiva di fotografia, e quando Zeitman l'accostò all'occhio, e il contenuto si illuminò internamente, pensò che qualcosa non andasse nella messa a fuoco. Dopo un attimo, si rese conto che qualcosa non andava nel contenuto.
Era la foto dell'interno di un cunicolo, malamente illuminato, le pareti cadenti. C'era una forma bianca, di scorcio, voltata rispetto all'osservatore... una forma Ree'hd, ma trasparente e irreale. Zeitman stava guardando un fantasma.
— E non è neppure un Ree'hd — disse Kawashima, quando vide che Zeitman si era reso conto di cosa stava guardando. — La cresta spinale e la forma degli occhi laterali possono significare una sola cosa...
— Pianhmar? — gridò Zeitman. — Mi sta dicendo che...? — Guardò di nuovo, con più attenzione, eccitato. Sì, una cresta spinale, visibile attraverso il corpo etereo della creatura. Una cresta spinale! La caratteristica che distingueva i mitici Pianhmar dalle altre due specie analoghe sul Mondo di Ree'hd. — Il fantasma di un Pianhmar. Non posso crederci. Chi ha scattato questa foto?
Kawashima si batté sul petto. — Mi ha spaventato a morte. E non sono stato il solo a vederli. Cinque segnalazioni negli ultimi due mesi, quattro durante i sei precedenti.
Per un po' Zeitman si sentì galleggiare nel vuoto, la sua mente incapace di decidere se stesse sognando o no, mentre aspettava che l'impatto della scoperta di Kawashima si facesse sentire in tutta la sua intensità. Pensò ai Pianhmar, parte della leggenda del Mondo di Ree'hd, a cui pochi umani credevano (ma rammentò che i Ree'hd stessi non consideravano i Pianhmar un mito; in effetti, era raro che pensassero a essi). Pensò ai fantasmi... fantasmi che non erano creazioni della fantasia, ma echi reali di particolari aure umane, che attraversano lo spazio-tempo; fantasmi che erano stati talmente indagati e spiegati che non erano più motivo di interesse. Sulla Terra.
Ma fantasmi di Pianhmar!
4
Un'ora più tardi Zeitman arrivò all'ufficio di Dan Erlam. Camminò lungo un corridoio pieno del ticchettio dei dictaprint e di corpi in movimento, passò attraverso una doppia porta che si chiuse alle sue spalle e si trovò in una stanza dove il solo rumore era il ronzio quasi inudibile, ma fastidioso, del sistema di riscaldamento nelle pareti e nel soffitto. Una grande stanza verde, le pareti che si inclinavano verso l'interno, dando l'impressione di una maggiore profondità, con una scrivania dal piano di vetro che occupava quasi un terzo dello spazio. E rovesciato sulla scrivania, le braccia allargate, il collo collegato al massaggiatore mobile che Erlam aveva fatto importare apposta, Erlam stesso. Agitò una mano mentre Zeitman entrava, e spense il robot. La macchina, esile come uno scheletro, si ritirò e scivolò in un angolo, e Erlam si raddrizzò sulla sedia, massaggiandosi la nuca e sorridendo di piacere.
— Dunque sei tornato. Avrei dovuto aspettarmelo, immagino. È andato tutto storto negli ultimi mesi.
— Piacere di vederti, Dan — disse Zeitman con un largo sorriso, e si sedette davanti a Erlam. — Reumatismi?
Erlam aggrottò la fronte. Reumatismi! Zeitman poteva quasi sentirlo. Non esistono i reumatismi, solo muscoli poco usati e giunture poco oliate. — Ho letto molto negli ultimi tempi, e questa gravità, su teste grandi come la mia... be', sai com'è.
— Capisco — disse Zeitman, osservando l'arredamento dell'ufficio. Erlam seguì il suo sguardo, sorridendo. — Impressionante?
— Orribile. Hai i gusti di un adolescente.
— Giovane nel cuore, Robert. L'unico modo per restare su un posto come il Mondo di Ree'hd, che ti fa invecchiare presto. Giovane nel cuore. Tu invece hai un'aria magra, denutrita.
— Ho viaggiato parecchio — rispose Zeitman, mentre finiva di esaminare i murali provenienti dal Mondo di Morgan. Erano rozzi nell'esecuzione, per non dire nel contenuto, ma la caratteristica interessante era che si muovevano: cicli di dieci secondi di frenetica attività. — Come si chiamano? Li ho visti altre volte ma non so il nome.
— Holodyne. L'effetto tridimensionale non è gran che, a meno che uno non li guardi da vicino. Ma lasciamo perdere. Abbiamo parecchio da discutere.
Zeitman si sedette e guardò Erlam. L'uomo era molto grasso, e la fronte sporgente sembrava sporgere ancora di più adesso che la linea dei capelli era arretrata. Per fortuna non aveva un'aria accaldata. Anzi, malgrado il grasso eccessivo, Erlam appariva fresco e a suo agio. Le sue labbra sottili erano perennemente piegate in un sorriso naturale, anche se quel giorno, per qualche ragione, Zeitman non avvertiva nel direttore il suo solito calore.
— Hai visto Kawashima.
Zeitman annuì lentamente. — Un tipo aggressivo, a dir poco.
— Si comporta così con tutti. Ma ti dirò, la maggior parte della gente è diventata così, da queste parti: irritabile, nervosa. Ha qualcosa a che fare con la luna, sospetto. — Fissò Zeitman, come se si aspettasse che lo contraddicesse, che dicesse che era qualcosa di molto peggio. Ma Zeitman sorrise e alzò le spalle, e il momento passò.
Bevvero baraas, corretto con genuino whisky irlandese, parlando del tempo che Zeitman aveva trascorso lontano dal Mondo di Ree'hd; si ritrovarono, tornarono a essere vecchi amici. Ma c'era in Erlam una tensione sotterranea che Zeitman avvertiva diretta contro di sé; Erlam era preoccupato per qualcosa, e non era quella preoccupazione più grande che entrambi condividevano.
Zeitman gli disse dei suoi mesi sprecati, a ripensare al mondo che aveva lasciato, a rimpiangere di averlo fatto. Poi la graduale consapevolezza che Kristina aveva significato per lui più di quanto avesse creduto. C'erano stati anche momenti piacevoli, naturalmente. Nuove sfide e vecchi problemi a cui avrebbe potuto applicarsi. Ma si era sentito molto poco coinvolto in queste cose. Aveva viaggiato in un lungo cerchio, era andato sulla Terra, e alla fine era tornato sul Mondo di Ree'hd.
— Perché — chiese Erlam. — Perché sei tornato? Non c'è niente di piacevole qui... non sulla stessa scala di alcuni dei mondi coloniali.
— Ho dato l'impressione di cercare il piacere? No... — Zeitman rimase in silenzio per un momento. — Tu lo sai perché, Dan. Lo sai perché sono tornato.
Erlam lo guardò, poi annuì. — Kristina. — D'improvviso si arrabbiò. — Per l'amor di Dio, Robert, la tua impudenza è senza limiti! Hai trattato quella donna come... come un animale inferiore per anni; te ne sei andato, e adesso aspetti che torni ai tuoi piedi! Non è giusto da parte tua, maledizione. Non è giusto.
Sorpreso per quello sfogo, Zeitman non trovò parole per un momento o due. — Dan, non ero solo io, lo sai. Ci sono state colpe da entrambe le parti... — Cosa diavolo aveva Erlam? Perché era così suscettibile sull'argomento? — Comunque, Kristina è solo una piccola parte della faccenda. Molto piccola.
Il resto era il Mondo di Ree'hd e Zeitman stesso. Il Mondo di Ree'hd a causa del fascino che esercitava su di lui (come su Erlam), un fascino basato sulla sua comprensione del pianeta... e questa comprensione era condivisa da pochi altri. C'era la biologia del mondo, in precedenza l'unico suo argomento di studio, una biologia che non poteva accettare per quello che sembrava. C'era la leggenda dei Pianhmar, e chi poteva resistere a essa? Ciascun mondo che Zeitman aveva visitato affermava di possedere una qualche misteriosa forma di intelligenza del passato, ma solo sul Mondo di Ree'hd aveva avuto la sensazione che la leggenda fosse qualcosa di più che un mito. E con i fantasmi dei Pianhmar che si muovevano nei cunicoli sotto la città, fino a quando poteva durare lo scetticismo?
E Zeitman stesso. Non era una sorpresa per lui scoprire che aveva un'aria scarna e denutrita. Doveva sembrare uno straccio, a paragone di quattro anni prima, quando si era sentito sicuro di sé fra i suoi colleghi. Tutto passato. In una sola cosa trovava sicurezza: nel Mondo di Ree'hd! Un mondo sostanzialmente privo di esseri umani, dove poteva perdersi, se lo voleva, in una natura aliena e in un ambiente alieno, senza essere costretto a lottare con giapponesi aggressivi, e a comportarsi in una maniera che gli era estranea.
Stava cercando il calore della familiarità. E nel farlo sperava di ritrovare la sua antica sicurezza, la sua giovanile fiducia. Sperava di scuotersi di dosso quella cosa orribile che lo affliggeva, la malattia quasi innominabile che stava allargandosi a macchia d'olio nello spazio conosciuto, decimando colonia dopo colonia, che si era impossessata di lui e stava consumandolo.
Disse semplicemente: — Mi piace qui.
Erlam scoppiò a ridere. — Lo so come ti senti, Robert. Questo posto ti entra dentro. E il lavoro? Ti piace?
— Corpo di Collegamento? Da quando in qua abbiamo un corpo di collegamento?
Erlam sogghignò. — Mai avuto. Sei tu tutto il Corpo. Il tuo vecchio lavoro è stato assegnato a un altro, ma i Padri della Città sono stati d'accordo con me che valeva la pena riaverti con noi. E quel vecchio sciocco a capo della sezione militare è... be', ci facciamo un sacco di bevute insieme. Ascolta, non stare a lamentarti! Sei fortunato che ti sia stato permesso di tornare!
— Va bene... va bene... non mi lamento. Accetto... con gratitudine.
Erlam si era colorito, e sembrava più contento. Fece per tornare a riempire il bicchiere di Zeitman con il whisky, ma questi lo fermò. Si sentiva già la testa leggera, e le bizzarre combinazioni di colori dei murali si mescolavano e si confondevano formando nel suo cervello una sensazione quasi bianca. Sono passati degli anni da quando si era ubriacato l'ultima volta, pensò irritato. Perché adesso? Perché nel suo primo giorno sul pianeta, quando c'erano tante cose da sapere?
Cercò di scuotersi la confusione dalla testa, e la camera tornò a fuoco.
— È forte — disse Erlam, agitando la fiasca di baraas. — Viene da Dominion. L'aveva con sé Susanna Neves, ma glielo abbiamo confiscato, naturalmente. Toccava a me farti un favore. Respira profondamente. L'ingrediente attivo si disperde rapidamente, ma ancora di più se hai il sangue bene ossigenato. Anche l'alcol dovrebbe essere così delicato, eh?
— Corpo di Collegamento — ripeté Zeitman. — Vuoi che guidi una squadra di persone... per fare cosa? Arrestare i contatti umani-Ree'hd? Controllarli?